Elena Donazzan intona “Faccetta nera” e si scatena la bufera.
Diversi esponenti politici del centro sinistra veneto chiedono senza mezzi termini le dimissioni dell’assessora all’istruzione e c’è persino chi si rivolge alla magistratura perché si accerti se nel comportamento della Donazzan, di Fratelli d’Italia, si possa ravvisare l’ipotesi di reato di apologia del fascismo.
Nei giorni scorsi, nel corso della trasmissione radiofonica “La zanzara” i conduttori Giuseppe Cruciani e David Parenzo hanno chiesto all’assessora di scegliere fra Faccetta nera e Bella ciao.
Donazzan non ha avuto esitazioni ed ha intonato la nota canzone fascista inneggiante alla “conquista” italiana dell’Abissinia spiegando che si tratta di un motivo che lei ben conosce perché lo sentiva cantare spesso in casa.
Inevitabili le proteste di diversi esponenti del centro sinistra veneto. E c’è chi chiede al presidente Luca Zaia di prendere le dovute distanze dall’assessora che, per parte sua, si difende invocando la libertà di pensiero: “La libertà non si predica – sostiene Donazzan – si difende: la libertà di pensiero deve sempre essere legata alla libertà delle persone, e mai scadere in offesa o violenza”.
Tutto giusto, se non fosse per un piccolo particolare: nel nostro ordinamento esiste una legge (e precisamente la cosiddetta legge Scelba, n. 645 del 1952) che all’articolo 4 prevede la punibilità di “chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”.
Ma è bene ricordare che solo un giudice può stabilire se effettivamente, nel comportamento della Donazzan, si possano ravvisare estremi di reato.
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