Bufera sull’Istituto comprensivo di Via Trionfale Roma che, sul proprio sito, si vantava per avere in una sua sede composta da allievi esclusivamente di ceto medio alto e figli dell’alta borghesia, mentre un altro plesso è frequentato da “alunni di estrazione sociale medio-bassa e conta” il “maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana”.
Dopo le polemiche, la pagina è stata cambiata. Nessun intento discriminatorio ma una “mera descrizione socio economica del territorio”, si difende il Consiglio di Istituto dell’Ic, sottolineando comunque di avere proceduto ad “una modifica perché siano rimosse le definizioni interpretate in maniera discriminatoria”.
La polemica politica è divampata con tantissimi interventi sull’argomento: “Suscita stupore e indignazione la propaganda che una scuola romana fa dei propri plessi sul sito web fondata sul rango socio-economico degli alunni. Si tratta di concezioni che sono in contrasto non solo con i valori della nostra Costituzione, ma in generale contro l’idea stessa che è alla base della scuola pubblica”, afferma il M5S. Dello stesso avviso anche Forza Italia con Renato Schifani: “Dividere gli studenti di un istituto secondo il reddito dei propri genitori è il fallimento del significato più profondo della scuola. Quanto accaduto a Roma è gravissimo e, a differenza di ciò che ritiene il ministro Azzolina, non può avere alcuna motivazione plausibile”. Anche il Partito Democratico è critico: “Le condizioni socio economiche degli alunni sono dati sensibili e come tali devono rimanere riservati e possono servire soltanto come punto di partenza per aiutare a programmare il percorso educativo, giammai strumenti per operazioni di marketing. Includere, contaminare, mescolare, integrare, con l’obiettivo di ridurre le differenze. Questo – sottolinea Camilla Sgambato – è il fine di una Scuola che deve creare le condizioni affinché si realizzi non soltanto l’uguaglianza dei punti di partenza, ma anche di quelli di arrivo”. Anche Leu va all’attacco: “È inaccettabile il messaggio implicito nella descrizione della composizione di classe. Il suggerimento alle famiglie della buona borghesia romana è chiaro: i vostri rampolli, nel plesso giusto, sono al riparo dai figli del popolo, al massimo incontrano i figli della vostra servitù”, afferma Stefano Fassina.
Anche i sindacati attaccano: “Sono decenni che si trascura la scuola e le si impongono modelli neo liberisti, parametri che sono diventati riferimenti sociali e politici dominanti. Si sta determinando una mutazione genetica della scuola e dell’istruzione, iniziata con la politica del contenimento della spesa, seguita dalla chimera delle riforme a costo zero. Il primato dei diritti e dei valori costituzionalmente garantiti è stato gettato all’ultimo posto, per lasciare posto a statistiche e graduatorie”, commenta Pino Turi (Uil Scuola).
“La scuola pubblica statale non è un’azienda che fornisce un servizio con l’obiettivo di soddisfare le richieste dell’utenza per conquistare il posto migliore nel mercato. La scuola pubblica statale è un’istituzione della Repubblica la cui legge fondamentale è la Costituzione italiana. L’autonomia scolastica deve, dunque, realizzarsi nell’ambito del dettato costituzionale e non può in alcun modo trasformarsi in una licenza di sparare parole così discriminatorie come quelle utilizzate dall’Ic ‘via Trionfale’ di Roma per presentare nel sito internet i suoi plessi scolastici”, così Rino Di Meglio (Gilda degli Insegnanti).
“La Ministra apra subito un confronto con le parti sindacali, a partire dalla gestione e dagli indirizzi del Miur, e, nel merito, apra un confronto anche sul Sistema Nazionale di Valutazione, sulle sue finalità e sulle sue modalità di attuazione: attualmente è un Sistema alla deriva, che deve essere ripensato per offrire indicazioni di investimento per il miglioramento, non giudizi parziali che servono soltanto a segnare ulteriori diseguaglianze”, chiede, in una nota, la Flc Cgil.
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