Importante sentenza della Corte di Cassazione su un episodio di bullismo.
Questa la storia.
Diversi anni addietro Francesco, alunno di scuola secondaria, veniva spesso “bullizzato” da diversi compagni di classe.
In una circostanza, però, il ragazzo sferrò un pugno a Gianmarco senza essere stato nè provocato nè aggredito.
In conseguenza del pugno ricevuto Gianmarco, che in precedenza aveva bullizzato in modo sistematico il compagno, perse un dente.
I genitori di Gianmarco intentarono una causa e riuscirono ad ottenere un risarcimento del danno per 18mila euro.
A questo punto i genitori di Francesco si rivolgono alla Corte di Cassazione che riesamina la vicenda e emette una sentenza che farà certamente giurisprudenza.
Secondo la Cassazione, infatti, non si possono “ignorare le condizioni di umiliazione a cui l’adolescente in questione è stato ripetutamente sottoposto”.
Nel precedente grado di giudizio la Corte d’Appello aveva stabilito che “essendo il comportamento offensivo e persecutorio della vittima collocato in una fase temporale diversa da quella della reazione di Francesco, quest’ultimo non aveva agito per legittima difesa, ma per aggredire fisicamente il proprio rivale”.
Di qui la condanna al risarcimento del danno.
Ma la Cassazione ha ribaltato il ragionamento affermando che “quando l’autore della reazione è un adolescente, vittima di comportamenti prevaricatori, reiterati nel tempo, occorre tener conto che la sua personalità non si è ancora formata in modo saldo e positivo rispetto alla sequela vittimizzante cui è stato sottoposto”.
“Ed è prevedibile – prosegue il verdetto – che la vittima possa reagire con comportamenti aggressivi internalizzati che possono trasformarsi, con costi particolarmente elevati in termini emotivi, in forme di resilienza passiva e autoconservativa, evolversi in forme di autodistruzione oppure tradursi, come in questo caso, in comportamenti esternalizzati aggressivi”.
La Corte aggiunge anche una ulteriore osservazione: “In assenza di prove circa come le istituzioni, la scuola, in particolare, fossero intervenute per arginare il fenomeno del bullismo e per sostenere Francesco, mancando anche la prova di espressioni di condanna pubblica e sociale del comportamento adottato dai cosiddetti bulli, non era legittimo attendersi da parte di Francesco, adolescente, una reazione razionale, controllata e non emotiva”.
Quest’ultimo passaggio della sentenza lascia intendere che si potrebbe anche configurare una responsabilità oggettiva della scuola per non aver esplicitamente condannato i comportamenti prevaricatori dei giovani “bulli” e per aver di fatto indotto Francesco a mettere in atto una reazione aggressiva nei confronti di un compagno.
Una sentenza, insomma, sulla quale docenti e dirigenti scolastici dovrebbero riflettere con attenzione.
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