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Bullismo, i bersagli preferiti gli alunni indifesi e con ottimi voti

Non solo tanti, troppi, episodi di cronaca. L’ascesa delle scene di prepotenza e di violenza di cui si rendono artefici i nostri giovani, sempre più contro ‘pari’ indifesi e ‘colpevoli’ di avere ottimi voti a scuola, è confermata dai numeri. Tanto che nelle scuole italiane il 39,1% dei bambini ha assistito in prima persona a episodi di bullismo, un fenomeno che si manifesta prevalentemente all’interno dell’ambito scolastico. Il dato è contenuto nell'”Indagine conoscitiva sulla condizione dell`infanzia e dell`adolescenza in Italia”, realizzata da Eurispes e Telefono Azzurro su 3.100 studenti, dai 7 ai 19 anni di età.
Dalla ricerca sono emerse delle tendenze davvero preoccupanti, come il fatto che nell’ultimo anno il 27,8% dei giovani è stato oggetto di offese immotivate da parte di uno o più compagni di scuola o, nel 27,4% dei casi, di provocazioni e prese in giro. Particolarmente elevata è, inoltre, la percentuale di quanti hanno dovuto sopportare la diffusione di informazioni false sul proprio conto (20,4%) e l’esclusione dal gruppo dei pari (15,2%).
Quel che dovrebbe far riflettere è anche il dato sui principali ‘bersagli’ delle prepotenze: in occasione dell’indagine, ai bambini è stato infatti chiesto di indicare in base alla loro esperienza e alle loro opinioni, verso quali soggetti i bulli indirizzano più frequentemente le angherie ed è emerso che è “altamente probabile che a diventare vittima di episodi di bullismo siano quei bambini che non sono in grado di difendersi” (30,4%). Inoltre, per il 13,4% del campione, andare bene a scuola è un motivo valido per attirare le attenzioni dei compagni più aggressivi, mentre per il 6,7% dei più piccoli, anche avere un difetto fisico, più o meno grave, può far diventare un bambino un soggetto “debole”. Allo stesso modo, essere stranieri può influire sulle mire di arroganza e prevaricazione che muovono il comportamento del bullo (6,3%). Agli occhi di una parte più esigua del campione, seguire o meno la moda nel vestire può essere un altro dei motivi per cui uno o più compagni più forti decidono di infierire sulle vittime prescelte (4,6%), così come per il 3,2% degli intervistati i bulli se la prendono con chi ha delle ambiguità di comportamento legate all’identità sessuale.
Ma come si traduce nei fatti il bullismo? L’indagine ha svelato che tra i comportamenti prepotenti si dimostrano ancora in auge i furti di merendine (9%) e di denaro (4,9%). La ripartizione del dato in funzione del genere di appartenenza mette in evidenza che le bambine subiscono, più frequentemente dei compagni dell’altro sesso, offese immotivate (il 30,4% contro il 25,1%). Sensibile è anche la differenza percentuale che esiste tra i due sessi per quanto riguarda la diffusione di notizie diffamanti o di cattiverie. Ad esserne maggiormente vittima sono ancora le bambine (22% contro il 18,6% dei compagni), che vengono anche più frequentemente escluse dal gruppo di appartenenza (17,3% contro 13,1%). I bambini, invece, sembrano subire più spesso delle compagne il danneggiamento di oggetti (18,9% invece del 14,8%) e le minacce da parte dei più prepotenti (12,2% contro 10,6%). Tra le prepotenze subite dai ragazzi salgono soprattutto quelle per via telematica: al 18,1% dei giovani è capitato almeno una volta di scoprire, navigando in Rete, la presenza di informazioni false diffuse sul proprio conto, al 7,8% di messaggi, foto o video offensivi o minacciosi e il 5,5% è stato invece escluso intenzionalmente da gruppi on line.

Secondo i curatori dell’indagine, “non si deve sottovalutare il dato per cui più del 10% del campione, assistendo a situazioni di bullismo, prova emozioni che portano a sostenere il bullo in maniera più o meno diretta”: dall’indifferenza (3,4%) al divertimento (3,1%), fino a sentimenti di ammirazione e invidia per colui che gioca la parte del più forte (rispettivamente l’1,7% e il 2,7%).
Dallo studio Eurispes-Telefono Azzurro non è emersa, comunque, solo rassegnazione: di fronte alle sopraffazioni perpetrate da compagni più prepotenti ai danni dei più deboli, il 30,3% ha avvertito dentro di sé un forte senso di rabbia, “dettato probabilmente – hanno spiegato i ricercatori – dalla voglia quasi inconsapevole di voler difendere il compagno vittima dei soprusi”. Per contro, in molti dichiarano di aver avuto paura (25,7%) e particolarmente alta è anche la percentuale di coloro che hanno manifestato un sentimento di pena per colui che era oggetto delle prepotenze (19,7%). Una forma di solidarietà e di intolleranza verso l’ingiustizia da cui educatori e famiglie dovrebbero ripartire per isolare gli artefici di atti inutili e da condannare.
Alessandro Giuliani

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