Oltre il 43% dei bambini italiani tra i 7 e gli 11 anni è vittima di scherzi pesanti da parte dei coetanei: il dato, che conferma la crescita imperante del bullismo giovanile, è stato reso noto durante il VII rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza realizzato da Eurispes e Telefono Azzurro presentato il 19 dicembre a Milano.
Dalle indagini è emerso anche che il 39,6% degli intervistati afferma di subire provocazioni e prese in giro reiterate, mentre il 33,6 viene offeso ripetutamente e senza motivo; il 20,2% dei giovani dichiara di essere addirittura minacciato dai coetanei, il 12,6 di subire furti, mentre il 12,1 sostiene di essere vittima di maltrattamenti.
“L’indagine ha confermato che il bullismo – ha dichiarato Gian Maria Fara, presidente dell’Eurispes – è un processo che si costruisce nel tempo e all’interno di relazioni. Al pari di ogni altro fenomeno va considerato un fatto sociale, più una ‘malattia sociale’ che una ‘malattia dello spirito'”. Per il presidente dell’Eurispes i bulli sono frutto della perdita di autorità della famiglia, della scuola e delle istituzioni.
“La famiglia tradizionale è destinata a scomparire, era l’organo più efficiente di organizzazione sociale e con essa finirà qualsiasi forma di resistenza. Quella di oggi è una generazione senza più timori, senza più il rispetto per le generazioni più grandi fino al padre”.
Dello stesso parere è Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro, secondo il quale l’interpretazione fornita dai media rispetto ai fatti di cronaca degli ultimi mesi confonde veri e propri atti di violenza con il bullismo.
“Quest’ultimo – conclude Caffo – è un fenomeno che interessa principalmente i bambini delle elementari. Con il passaggio alle scuole medie, sia la frequenza degli episodi, sia il numero di ragazzi implicati sembrano diminuire. Alle superiori assistiamo a un fenomeno diverso non classificabile come bullismo ma come comportamenti precursori di condotte devianti, antisociali o illegali”. Secondo Anna Maria Dominici, direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale lombardo, i bulli di oggi vivono tra agio economico e povertà spirituale.
La loro condotta è, inoltre, amplificata dalla tecnologia, “una novità sconcertante e un segnale di bisogno distorto di protagonismo insegnato dall’etica della Tv”.
Dalle indagini è emerso anche che il 39,6% degli intervistati afferma di subire provocazioni e prese in giro reiterate, mentre il 33,6 viene offeso ripetutamente e senza motivo; il 20,2% dei giovani dichiara di essere addirittura minacciato dai coetanei, il 12,6 di subire furti, mentre il 12,1 sostiene di essere vittima di maltrattamenti.
“L’indagine ha confermato che il bullismo – ha dichiarato Gian Maria Fara, presidente dell’Eurispes – è un processo che si costruisce nel tempo e all’interno di relazioni. Al pari di ogni altro fenomeno va considerato un fatto sociale, più una ‘malattia sociale’ che una ‘malattia dello spirito'”. Per il presidente dell’Eurispes i bulli sono frutto della perdita di autorità della famiglia, della scuola e delle istituzioni.
“La famiglia tradizionale è destinata a scomparire, era l’organo più efficiente di organizzazione sociale e con essa finirà qualsiasi forma di resistenza. Quella di oggi è una generazione senza più timori, senza più il rispetto per le generazioni più grandi fino al padre”.
Dello stesso parere è Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro, secondo il quale l’interpretazione fornita dai media rispetto ai fatti di cronaca degli ultimi mesi confonde veri e propri atti di violenza con il bullismo.
“Quest’ultimo – conclude Caffo – è un fenomeno che interessa principalmente i bambini delle elementari. Con il passaggio alle scuole medie, sia la frequenza degli episodi, sia il numero di ragazzi implicati sembrano diminuire. Alle superiori assistiamo a un fenomeno diverso non classificabile come bullismo ma come comportamenti precursori di condotte devianti, antisociali o illegali”. Secondo Anna Maria Dominici, direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale lombardo, i bulli di oggi vivono tra agio economico e povertà spirituale.
La loro condotta è, inoltre, amplificata dalla tecnologia, “una novità sconcertante e un segnale di bisogno distorto di protagonismo insegnato dall’etica della Tv”.