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Bullismo, il Governo francese lancia il kit empatia a scuola: ma è qualcosa che si può davvero insegnare in classe?

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L’empatia, suggerisce il dizionario della Treccani, è la capacità di comprendere lo stato d’animo e la situazione emotiva di un’altra persona, in modo immediato, prevalentemente senza ricorso alla comunicazione verbale. Di definizioni simili se ne trovano a migliaia in Rete, ma una in particolare, sul sito delle Edizioni Paoline, ci è sembrata originale e lapidaria: L’empatia è l’arte di sintonizzarsi sulla frequenza altrui.

Insomma, in parole semplici, è empatico chi riesce nel difficilissimo compito di mettersi nei panni dell’altro.

Ma queste qualità si possono “imparare” a scuola? Ce lo chiediamo noi e se lo stanno chiedendo in questo momento i docenti francesi, assieme alle famiglie dei loro alunni e agli esperti del settore, dopo che il Ministero dell’Educazione Nazionale ha reso disponibile online un pacchetto di risorse pedagogiche per aiutare gli insegnanti a sviluppare dei percorsi di empatia in classe. Un vero e proprio kit-empatia, dunque, contro il quale in molti hanno già cominciato a lanciare i loro strali.

Come riporta in questi giorni il quotidiano Le Figaro, l’insegnante e saggista franco-svizzera Lisa Kamen-Hirsig, da sempre critica verso il sistema educativo francese, ha espresso disapprovazione e biasimo per questa idea del ministro Attal.

Ma cosa c’è in questo kit e qual è l’idea pedagogica dei tecnici ministeriali che l’hanno messo a punto?

Si tratta di consigli pratici su come condurre lezioni, dai 15 ai 45 minuti, il cui fine è sviluppare il benessere individuale e di gruppo degli alunni, accrescere l’autostima, suscitare sentimenti di comprensione di gesti, parole, atteggiamenti che di primo acchito potrebbero apparire respingenti: “una cosa di cui vado fiero”, “un’esperienza piacevole e una spiacevole che ho vissuto”, “le mie qualità al servizio degli altri”, sono solo alcuni dei titoli delle lezioni proposte, ai quali si aggiungono materiali e consegne metodologiche precise.

Con questo programma, previsto nelle scuole materne ed elementari, il Governo vuole lottare contro il bullismo scolastico, prevenendolo attraverso la formazione degli alunni, dei genitori e di tutta la comunità educativa. È per questo – come si legge nella prefazione al kit, firmata personalmente dal Ministro Attal – che si intende formare gli alunni all’empatia, per migliorare la qualità delle relazioni all’interno della scuola, favorendo altresì l’acquisizione di un insieme di competenze indispensabili al saper vivere insieme, al rispetto degli altri e, in ultima analisi, anche al successo scolastico.

Non tutti, dicevamo, hanno accolto con favore questa iniziativa: per Lisa Kamen-Hirsig si tratta di un metodo importato dal mondo aziendale e trapiantato a scuola. Un metodo fondato su teorie mai scientificamente validate. La religione è stata estirpata dalla scuola all’inizio del secolo scorso – continua la saggista, intervistata da Le Figaro – in nome della laicità, ed ecco che adesso assistiamo all’idolatria dei guru della programmazione neuro-linguistica, del quoziente emotivo e dello sviluppo personale.

Per Kamen-Hirsig, l’empatia non si insegna. Si tratta di una facoltà intuitiva che si sviluppa con l’età, l’esperienza, gli incontri e lo sviluppo della sensibilità personale.

E in questo senso la scuola può fare molto: i bambini – conclude l’esperta –  non hanno bisogno di corsi di empatia, ma di essere istruiti dalla scuola, che deve insegnare loro perfettamente la lingua madre, affinché abbiano un’alternativa alla violenza fisica. Deve dare loro dei motivi per essere fieri di se stessi, le basi per imparare un mestiere motivante e soddisfacente. La scuola deve mostrarsi esigente e non comprensiva, deve sviluppare nei ragazzi e nelle ragazze il gusto dello sforzo personale e della fatica necessari per raggiungere un obiettivo.