Alzarsi in piedi quando l’insegnante entra in classe, dargli del voi già dalle elementare ricevendo lo stesso voi in segno di rispetto reciproco, conoscere a memoria la Marsigliese: se il buongiorno si vede dal mattina quello del neoministro della Pubblica Istruzione transalpina, Xavier Darcos, più che un piano di ammodernamento del comparto scuola somiglia ad un clamoroso ritorno alla scuola di una volta.
Del resto anche in Francia, come in Italia e molti altri paesi dell’Occidente, il fenomeno del bullismo o più semplicemente della mancanza di rispetto per l’istituzione scolastica e di tutto quel che ve ne fa parte, sta assumendo dimensioni sempre più considerevoli: da noi sono ormai “pane” quotidiano le cronache di studenti che filmano con i telefonini le loro violenze in aula per poi riversarle su internet come se fossero trofei da esibire; nella Francia del neopresidente francese Sarkozy, dove peraltro le elezioni sono state contrassegnate proteste più vicine a vere e proprie guerriglie di piazza che a pacifiche mobilitazioni, le statistiche ufficiali parlano di ottantamila episodi di violenza e illegalità all’anno realizzate negli istituti scolastici: si va dagli atti di vandalismo gratuito all’aggressione d’insegnanti “fragili”, fino allo spaccio di sostanze stupefacente di vario genere.
Normale che di fronte a questo imperversare di devianza giovanile qualsiasi nuovo ministro si sarebbe rimboccato le maniche per tentare di cambiare pagina; come è normale che con l’elezione di un presidente francese di centro-destra la coalizione di governo che ne consegue tenti di realizzare una politica tutta incentrata sul rispetto delle regole e dell’autorità dell’insegnante, piuttosto che sul dialogo e la tolleranza.
Che piaccia o no questo ha chiesto democraticamente, votando, la piazza: maggiore rigore e rispetto per le regole. In Italia il ministro, Giuseppe Fioroni, ha sempre ammesso che quella del bullismo è un’emergenza da contrastare con tutte le forze possibili avviando, soprattutto nelle ultime settimane, una serie di iniziative importanti, ma sicuramente più soft di quelle scelte del collega transalpino: su tutte va menzionata“La scuola siamo noi”, con le aule finalmente aperte alle comunità locali e alle famiglie, intrapresa proprio per cercare di riaprire quel dialogo con il territorio che si è andato spegnendo negli ultimi anni.
Un modo decisamente diverso, rispetto a quello intrapreso in Francia, più orientato al coinvolgimento che alla coercizione, per giungere però per allo stesso risultato: il rispetto per la scuola, per i compagni, per i docenti o più semplicemente per se stessi.
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