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Bullismo sui banchi, preoccupa quello omofobico

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Il fenomeno del bullismo studentesco non si arresta: stavolta a destare preoccupazione sono i risultati, presentati il 7 luglio a Roma, sulla prima ricerca italiana sul bullismo omofobico a scuola. Dall’indagine nazionale, elaborata da Arcigay con il contributo del ministero del Lavoro, risulta che due terzi degli studenti che frequentano la secondaria superiore ha udito epiteti omofobi e prese in giro nei confronti di maschi. Ma quel che fa pensare è il fatto che per uno studente su cinque queste espressioni fanno parte della vita scolastica quotidiana.
A livello individuale i risultati non sono da meno: uno studente su 13 ha assistito almeno una volta nell`ultimo mese ad aggressioni omofobe di tipo fisico a scuola, attraverso calci e pugni fino a vere e proprie molestie sessuali; il 20% dei ragazzi ha dichiarato di aver commesso almeno un atto riconducibile al bullismo omofobico, mentre il 4% ha ammesso di essere stato vittima di aggressione. Mentre gli atti aggressivi verso le studentesse lesbiche risulterebbero in percentuali minori. Dati, questi ultimi, che però non coincidono con quanto dichiarato dai docenti interpellati, quasi mai venuti a conoscenza di episodi di molestie sessuali oppure di aggressioni fisiche, che pure avvengono e sono più gravi nei confronti dei maschi, mentre più spesso resosi conto di quelli delle femmine anche se limitati ad epiteti, prese in giro e dicerie.
Le storie raccolte durante la ricerca hanno mostrato una forte presenza delle offese verbali e delle prese in giro, anche se attacchi violenti sul piano fisico non sono rari e avvengono soprattutto durante l’intervallo e la mensa. O comunque in classe, talvolta in assenza dei docenti, talvolta con loro presenti. Le conseguenze di queste aggressioni, verbali o fisiche, sulla vita delle vittime? Spesso si arriva a condizioni di disagio psicologico, a volte addirittura di insuccesso scolastico, senza tralasciare le problematiche di integrazione sociale nel contesto scolastico.
Nella ricerca sono stati coinvolti 860 studenti e 40 docenti di scuola superiore attraverso la compilazione di questionari realizzati appositamente. Secondo Pier Paolo Patanè, presidente di Arcigay, i risultati rappresentano “la fotografia di un fenomeno allarmante e virulento che negli ambienti scolastici e nella società non ha ancora trovato i giusti anticorpi per essere finalmente sanato, ma che li dovrà trovare in fretta. Il quadro che presentiamo mostra una realtà di prevaricazione ed indifferenza fino ad ora sottovalutata. Il rifiuto di molti istituti scolastici a partecipare alla ricerca rivela quella che è la percezione del fenomeno nella scuola italiana”.
Arcigay, alla luce del preoccupante fenomeno, “proseguirà – ha continuato Patanè -nel proprio lavoro di prevenzione del bullismo omofobico puntando ad un maggiore radicamento sul territorio, con l`obiettivo di raddoppiare il numero di istituti di formazione serviti nell`anno scolastico 2010/2011. Ma l`azione a livello dei singoli istituti scolastici – conclude – è necessaria ma insufficiente a contrastare il fenomeno nella sua globalità. E` indispensabile un`azione coordinata tra organismi che si occupano di Istruzione, di Politiche Sociali e di Pari Opportunità in collaborazione con le associazioni, sia a livello centrale che periferico”.