“Buona Scuola”. Miur e governo in surplace

Non esiste nessun obbligo o impegno a scioperare, né a motivare la propria scelta. Tanto più se, come credo sia il caso di G.M., non si appartiene a nessuna delle sigle sindacali che hanno indetto la protesta e forse non si è mai scioperato prima.

Condivido sostanzialmente le numerose critiche al piano Renzi e anche quelle circolano in rete. Inoltre lo stesso piano sembra essersi arenato. Miur e governo sembrano in surplace, confusi e indecisi sul da farsi e ora anche storditi dalla sentenza della Corte UE sui limiti del precariato. Avevano promesso (o minacciato) per fine novembre, una Leopolda di due giorni sulla scuola, con la partecipazione dello stesso Renzi ed è chiaro che l’incontro è saltato almeno per il momento. Traspare anche incertezza sui ruoli e in particolare su chi gestisce la vicenda: il ministro Giannini, lo stesso Renzi, la new entry Faraone, la sen. Puglisi o chi altri?

È vero che ora la scuola è al centro del dibattito del Paese, ma c’è arrivata nel modo peggiore con una forzatura governativa, una specie di diktat o ultimatum (60 giorni), un pressante “prendere o lasciare” che ha (per fortuna) provocato una salutare levata di scudi e poi lo stupore, l’incredulità, l’incertezza, forse un ripensamento del governo e del ministero.

Non mi risulta che i sindacati citati da G.M. più l’omessa Gilda contrappongano al piano governativo la “scuola alla conservazione del sistema attuale” ecc.. Ad esempio, le richieste Cgil del 21 luglio ricalcano il programma elettorale del Pd del febbraio 2013 sono qualcosa di serio, coerente, fattibile, utile alla scuola. I due documenti dovrebbero essere a conoscenza di G.M. che critica radicalmente e a priori le posizioni sindacali ma poi perde di credibilità quando cita gratuitamente ipotetici piani quinquennali “di memoria sovietica” (?!).

I sindacati sono sì da criticare e rimproverare ma per altri motivi. Perché stanno reagendo e operando lentamente, in ritardo, soprattutto divisi, pensando ognuno al proprio orticello più che alla scuola, agli studenti, ai docenti e agli ata. Né è da escludere che qualche sigla sia già orientata ad accettare o subire la “buona scuola” con finto obtorto collo e dopo un po’ di proteste tanto per salvare la faccia e le apparenze.

Infine, il richiamo alla “libertà dei soggetti che la scuola la costruiscono” e a “Ciò di cui ha bisogno la scuola siamo noi che la facciamo, ecc.” è giusto e condivisibile ma risulta incompleto, monco, irrealizzabile senza strutture, senza normativa, senza riforma (non questa in discussione però), prescindendo cioè da governo e sindacati. Insomma non ha senso contrapporre alla scuola senza di “noi” la scuola senza di “loro”. 

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