Abbiamo già dato avuto modo di dire, una quindicina di giorni fa, che il 22 maggio scorso si è tenuta a Roma una tavola rotonda promossa dal Comitato Civico «Quota 96» a tutela dei circa 3.500 professionisti della scuola (insegnanti e Ata) che hanno maturato il requisito pensionistico nell’anno scolastico 2011/2012. Non si dimenticherà che si tratta di lavoratori rimasti impigliati nella riforma Fornero a causa di un «errore tecnico» che non ha tenuto conto, come avrebbe dovuto, dei ritmi dell’anno scolastico ma di quelli dell’anno solare e li ha costretti a rimanere in servizio pur se in possesso di un diritto acquisito.
Proprio ieri il sottosegretario al Lavoro, il deputato del Pd Carlo Dell’Arringa, rispondendo a due interpellanze urgenti sul tema sollevate da Elena Centemero (Pdl) e da Annalisa Pannarale (Sel), ha sconfessato decenni di normativa adducendo che «l’eventuale slittamento» del diritto a pensione al 31 agosto 2012 sarebbe risultato «difficilmente armonizzabile con il generale sistema pensionistico» poiché avrebbe introdotto, per questo comparto, una «deroga ai requisiti previsti per la generalità dei lavoratori assicurati». Il neo-sottosegretario forse ignora, dall’alto dei suoi 72 anni, che il Comparto Scuola ha da sempre tempistiche sue e ordinamenti propri concepiti per il corretto funzionamento didattico, che esso gode, da sempre, di una speciale decorrenza per il collocamento a riposo: il 1 settembre (e non il 31 dicembre) di ogni anno scolastico. Un fatto certo non irrilevante di cui ha tenuto conto il giudice del lavoro di Siena, nel suo provvedimento dello scorso luglio, quando ha ribadito a chiare lettere questa peculiarità statuita da leggi dello stato tuttora in vigore.
I giuristi insegnano che una norma generale non può prevalere su una norma speciale – in base al principio Lex specialis derogat generali – e che una legge generale, destinata a una generalità indifferenziata di casi, viene sempre derogata da una legge speciale che tiene conto di situazioni particolari, meritevoli di una disciplina ad hoc. Se così non facesse, la legge generale sarebbe viziata da irragionevolezza e illogicità e quindi incostituzionale. È singolare che il Comparto Scuola, che è sempre stato oggetto di una disciplina speciale in materia previdenziale, venga fatto rientrare nella disciplina generale dalla riforma Fornero senza che nulla sia stato modificato rispetto al passato. Se una legge, come quella che regola il pensionamento del settore scolastico, ha attribuito a un soggetto un diritto soggettivo, un diritto che è entrato a far parte del suo patrimonio giuridico, una legge successiva non glielo può togliere perché si tratterebbe di una situazione sostanzialmente equiparabile ad un esproprio.
Buone notizie sono giunte invece, sempre ieri, dalla ministra Carrozza nell’audizione plenaria tenuta in parlamento per illustrare le linee programmatiche su scuola, università e ricerca. Fra le aperture avanzate in materia d’istruzione la neo- titolare del dicastero di viale Trastevere ha annunciato, oltre alla volontà di una «revisione delle norme che prevedono l’inquadramento dei docenti inidonei nei profili di assistente amministrativo e tecnico», quella di salvaguardare questo mini-popolo di educatori dalle cesoie della legge Fornero. La ministra si è detta disposta a prevedere una «normativa integrativa della riforma pensionistica» tale da consentire una «deroga», in linea con la specificità del Comparto Scuola, in grado di «permettere al personale scolastico che avesse maturato i requisiti previgenti nell’anno scolastico 2011/2012 di andare in pensione nell’anno scolastico successivo secondo la precedente normativa».
L’apertura non ci sembra per niente trascurabile, soprattutto se si tiene conto della proposta di legge ad hoc presentata alla Camera da Manuela Ghizzoni, proposta che dovrebbe essere calendarizzata alla Commissione Lavoro per una sperabile approvazione, come si legge nel sito della deputata democratica, già dalla prossima settimana.
Intanto il Comitato Cicivo «Quota 96» non smette di tallonare il variegato mondo della politica per rivendicare una circolare esplicativa che possa sanare in tempi brevi l’ormai annosa vicenda. Una risposta chiara e risolutiva del governo (o del parlamento) che andasse a sanare l’ingiustizia perpetrata dal governo Monti potrebbe non solo mettere la parola «fine» a una storia estenuante fatta di continui e sordi dinieghi governativi ma potrebbe restituire un clima più sereno ad una base sempre più disillusa e umiliata nei propri diritti inalienabili.
Giuseppe Grasso
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