Quando i casi di burnout, che avvengono in una ben precisa scuola, sono tanti e la soluzione per guarire e rinascere è quella di trasferirsi, dimettersi o non accettare più supplenze in tale Istituto, allora una domanda bisogna porsela e capire dove stanno le responsabilità di tanto malessere.
Il burnout è un termine che ha origini anglosassoni, il suo significato in senso letterale è: “bruciato”, “scoppiato” esaurito”.
La sindrome da burnout non è altro che l’esito patologico di un processo stressogeno che interessa, in varia misura e a seconda delle situazioni, diversi operatori e professionisti che sono impegnati quotidianamente e ripetutamente in attività che implicano le relazioni interpersonali.
Tale patologia, a causa di relazioni critiche con il proprio Dirigente scolastico, è entrata in modo molto diffuso nelle scuole italiane, le vittime sono i docenti e in modo particolare quei docenti che sono contrastati nella loro professione, in modo continuo e ripetuto nel tempo, dal Dirigente scolastico.
Le conseguenze di atteggiamenti persecutori del Dirigente scolastico, nei confronti di alcuni docenti, sono quelle di un aumento dell’ansia, di uno stato di disagio nell’agire professionale, fino ad arrivare ad avere paura per ogni cosa che si fa nella didattica e nel rapporto con gli studenti e i colleghi.
In una scuola piemontese, c’è stato raccontato da alcune docenti e confermato da alcuni sindacalisti di primo livello della regione Piemonte, c’è una Dirigente scolastica che provoca stati di ansia notevoli ai docenti, utilizzando lo strumento delle sanzioni disciplinari, del richiamo verbale o scritto e delle visite mediche collegiali per verificare l’inidoneità all’insegnamento.
In tale scuola una docente, dopo aver richiesto una visita al medico competente, si è vista inviare alla commissione medica di verifica per accertare l’idoneità alla mansione e al lavoro, adducendo come motivazione la richiesta al medico competente e al fatto che il dipendente avesse fatto assenze per malattia pari a 5 giornate, richiesto due giorni di permesso per visite mediche e che nell’anno scolastico precedente avesse fatto ben 2 giornate di assenza per malattia.
Ora ci si chiede, visto che la commissione medico di verifica ha ritenuto la dipendente – che nel frattempo aveva chiesto il trasferimento presso altro istituto per non rimanere in un ambiente da lei giudicato insano – idonea all’unanimità, se gli strumenti messi a disposizione dei Dirigenti non vengano utilizzati con troppa disinvoltura creando danno all’amministrazione; la docente si è dovuta assentare dal lavoro per un giorno e la commissione ha dovuto svolgere la sua attività, creando danno anche all’insegnante costretta a lavorare in un ambiente che non ha più ritenuto sereno. Certo, i segnali derivanti dai trasferimenti volontari o dalle proposte di trasferimento d’ufficio sicuramente dovrebbero essere un campanello di allarme.
Altri docenti precari di questa stessa scuola piemontese lamentano pressioni psicologiche da parte della Dirigente scolastica, tanto da arrecare ansia e disagio nella vita professionale degli insegnanti.
Una docente di italiano che aveva chiesto trasferimento per fuggire da quello che ha definito un incubo per la sua salute, ed oggi, ottenuta la mobilità richiesta, ha ritrovato la serenità lavorativa, lamenta che questa Dirigente scolastica non le consente l’accesso agli atti rispetto ad una situazione di contenzioso tra le parti. Questa storia, come purtroppo accade a volte, quando non ci sono le giuste relazioni interpersonali tra docenti e DS, si tratta di un burnout provocato dalla Dirigente scolastica, ma c’è da dire che tutto continua ad avvenire nell’indifferenza generale delle autorità competenti.
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