“Non sono stato uno studente brillantissimo, perché ero concentrato in tante attività”. Il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, lo ammette, senza giri di parole: non ero uno studente modello. Altro che ingigantimenti o ipocrisie, lo dice, a Miur Radio Network: “Lavoravo e studiavo, mi applicavo anche nelle discipline sportive ai tempi in cui ero giovane e prima di subire un incidente grave. Quindi per me la vita della scuola è stata, specialmente nel periodo adolescenziale, non dico pesante, ma difficile sotto tanti aspetti. Personali soprattutto”.
Poi, però, dopo la maturità, Bussetti si è rifatto. Con gli interessi. Prima con l’università: “l’ho trovata molto più stimolante e piacevole. E sono andato molto, molto meglio”. Infine da docente della scuola pubblica (“ho fatto l’insegnante di educazione fisica per due anni, negli anni ’80. E poi ho fatto l’insegnante di sostegno”), ma soprattutto in qualità di dipendente del Miur.
Ben presto, ha lasciato la docenza e, ricorda, “ho iniziato la carriera nell’amministrazione. Dal ’92 in avanti, quindi, nell’amministrazione. Sono ricordi ormai quasi trentennali, se vogliamo essere proprio precisi”.
E oggi? Anche su questo fronte, il nuovo ministro sembra far prevalere la sincerità: “Oltre all’emozione, provo una grande responsabilità. E questa responsabilità la sento perché il venire dal mondo della scuola, e conoscere i tanti problemi che affrontano quotidianamente gli istituti e tutti quelli che sono gli stakeholder interessati al mondo dell’istruzione e della formazione – oltre che dell’università e della ricerca – mi ha caricato”.
Poi chiude con estrema consapevolezza: “Sento di avere non un peso, ma oltre che una responsabilità, penso – conclude Bussetti – di avere una missione importante da svolgere”.
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