“Per abbattere il problema dispersione vorrei portare nella scuola pubblica l’esperienza che ho vissuto io stesso: insegnanti volontari che si ritrovano in centri in alcune aree più complesse, dove ragazzi chiedono aiuto per recuperare in alcune discipline scolastiche, lacune che spesso partono da una difficoltà psicologica, di fragilità emotiva”.
A dirlo, attraverso un’intervista al quotidiano Il Mattino di domenica 26 agosto, è stato il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, parlando dell’abbandono scolastico al Sud.
La dispersione, ha spiegato, colpisce “tante città metropolitane italiane”, il tema “per me è assai importante perché racchiude anche dispersione di risorse, energie, lavoro. Dobbiamo quindi efficientare le risorse economiche che già ci sono.
Secondo il titolare del Miur, i ragazzi “in questi centri ritrovano prima di tutto l’autostima e poi la voglia di tornare sui banchi di scuola. Invito l’assessore comunale Palmieri a creare questi centri qui a Napoli”.
L’intento del ministro appare chiaro: recuperare gli studenti più in difficoltà, attraverso il coinvolgimento dei docenti più motivati. E attaccati alla professione. A spiegarlo è stato lo stato Bussetti poche ore prima, intervenendo a Napoli all’incontro ‘La riforma della scuola in Italia e il sistema delle scuole paritarie’ promosso dall’Agidae.
Secondo il ministro si deve rimettere al centro “l’amore per il lavoro, per i ragazzi, per le famiglie. Oggi nella scuola non c’è più amore e invece è l’amore che spinge ad essere insegnanti, ad essere il punto di riferimento per gli studenti e per le loro famiglie”.
Lo stesso concetto, a dire il vero, era stato espresso per la prima volta colloquio con La Tecnica della Scuola, quaranta giorni fa, quando il ministro dell’Istruzione disse: “Alla scuola non servono scossoni e strappi. Servono attenzione e cura. Gliele daremo. Serve poi amore, una parola che dobbiamo tornare a usare e mettere al centro del nostro operato”.
Quello che però non è chiaro è invece cosa si intenda per “insegnante volontario”: qualche lettore ha interpretato le intenzioni del ministro come se si riferisse a dei docenti che svolgono la professione volontariamente e senza nessun compenso in cambio. Quasi fossero dei missionari.
Noi, però, non possiamo pensare che fosse questo l’intendimento di Bussetti: qualsiasi professione, infatti, si svolge sempre e comunque in cambio di un corrispettivo economico. Magari, può essere ridotto, minimale, poco più che un rimborso spese. Ma gratuitamente, proprio no: vogliamo credere che non sia possibile.
Semmai, il quesito da girare al responsabile del Miur è un altro: perché non assumere del personale docente aggiuntivo proprio per abbattere la dispersione.
Perché non assegnare alle scuole collocate nelle aree più a rischio una task force di insegnanti specializzati, formati ad hoc, proprio per vincere il facile abbandono dei banchi?
Perché non tentare, tramite anche più leggi di Bilancio, di realizzare un piano di immissioni in ruolo straordinario per tale nobile scopo?
Sarebbe una decisione importante, che farebbe il paio con l’intenzione di portare il tempo pieno anche nelle aree del Sud. Certo, non a costo zero: ma le emergenze non si possono vincere con il volontariato.
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