Giuseppe Colosio, ex direttore dell’Ufficio scolastico regionale della Lombardia, a settembre sulle buste trasparenti usate nel concorso DS in Lombardia diceva così: “Siamo convinti che la magistratura e il Consiglio di Stato alla fine si convincerà del comportamento rispettoso che ha avuto la commissione d’esame in tutte le fasi concorsuali. I candidati – mille persone – hanno potuto osservare le buste per ben due volte, e in una di esse hanno inserito il cartoncino con i dati anagrafici. Nessuno si è accorto, in quel momento, che le buste potevano essere trasparenti e ciò non avrebbe potuto garantire l’anonimato.
Nessuna norma giuridica dice come debbano essere le buste, che abbiamo ordinato attraverso la Consip, una società per azioni del Ministero dell’Economia che gestisce e razionalizza le spese. Nel suo sito si trova un elenco con centinaia di tipi di buste diverse, con alcune informazioni come il peso e la dimensione. La Consip non ha in offerta buste per concorso. Se si fosse voluta invalidare l’anonimato, avremmo acquistato buste con la finestrella in plastica, ad esempio “.
Sempre a settembre lo stesso Colosio affermava: “ Le buste sono le stesse che usano nei concorsi a Roma. Potrebbe bastare, se non che, avvicinata a una qualsiasi fonte di luce, compaiano alcune scritte scure, da cui è difficile ravvisare il nome del candidato. Se si fosse voluto invalidare l’equità della prova, sarebbe stato più semplice aprirle”.
Oggi che il Consiglio di Stato ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio sulle buste depositate presso la segreteria della Sesta Sezione del Consiglio di Stato e non su altre, da depositarsi il 4 gennaio 2013, sarebbe interessante conoscere se le convinzioni di Colosio verso la magistratura e il Consiglio di Stato siano le stesse di settembre.