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BYOD: la metodologia didattica per combattere il coronavirus

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Bring Your Own Device (BYOD), in italiano vuol dire “porta il tuo dispositivo”,  in altre parole è un espressione che descrive tutte quelle politiche aziendali che consentono agli impiegati di utilizzare i propri dispositivi personali in ambiente di lavoro (in questo caso nelle scuole agli studenti). Il valore aggiunto del BYOD è proprio l’aspetto inclusivo, ovvero la possibilità di lavorare scuola per lo studente con tutto quello che è possibile utilizzare anche a casa. Il proprio familiare strumento può essere sempre a disposizione, facilitando sicuramente l’apprendimento.

I dispositivi sono ormai largamente disponibili anche tra i più giovani. Il mondo scolastico italiano è  costituito da 800 mila insegnanti e da oltre 8 milioni di studenti. In particolare alle superiori è ragionevole pensare che tutti abbiano uno smartphone, un dato confermato da un documento di Save the Children e da una recente ricerca, secondo la quale l’età media del primo accesso ai dispositivi tecnologici è a 11 anni.

Il vantaggio nell’utilizzo della metodologia del BYOD è la riduzione dei costi per le istituzioni scolastiche, infatti,  non è più necessario l’acquisto di uno o più dispositivi per ogni studente dal momento che ognuno utilizza quello che già possiede. Inoltre, considerando che gli studenti generalmente trattano meglio i device di loro proprietà rispetto a quelli pubblici o forniti da altri, diminuiscono anche gli eventuali costi di riparazione. Un altro aspetto da non sottovalutare è l’aggiornamento tecnologico, infatti, non sempre si riesce a stare al passo con le nuove tecnologie. Con l’utilizzo  dei dispositivi tecnologici degli studenti, la scuola non si deve preoccupare di aggiornamenti frequenti e dispendiosi.

Di contro uno dei dubbi che sono più frequentemente evidenziati nell’uso del bring your own device  risiede nel profilo della sicurezza dei device. Infatti, per una scuola è più difficile controllare che dispositivi non proprietari siano protetti da antivirus, per esempio, o che non presentino rischi di alcun tipo quando si archiviano dati sensibili o strategici e, ancora, il pericolo può venire dalle reti – locali, dati, WiFi, ecc. – a cui i dispositivi personali hanno liberamente accesso

Aldo Domenico Ficara

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