Categorie: Personale

C’è qualcosa che cresce stabilmente in Italia: l’età pensionabile.

Con un minimo di 20 di contributi, nel 2021 (volendo andare in pensione anticipata) devi avere più di 67 di età. Ce ne vorranno 68 e più nel 2029, poi oltre 69 nel 2041 e 70 anni di età dal 2050. Lo pongano bene in mente i tuoi figli nati negli anni 80. Molti hanno cancellato la voce “pensione” dal loro vocabolario quotidiano. Non se la passeranno meglio coloro che si ritengono fortunati per essere stati lavoratori precoci. Per usufruire della pensione anticipata, dal 2021 occorrerà avere superato i 64 anni e vantare da 42 a 43 anni di anzianità contributiva, rispettivamente per le lavoratrici e i lavoratori. Nel 2019 l’età dovrà essere di oltre 65 e i contributi di 43-44 anni. Per uscire anticipatamente dal mondo del lavoro dipendente, nel 2041 bisognerà avere contributi per 44-45 anni; infine nel 2050 l’anzianità lavorativa dovrà essere di almeno 45-46 anni. I requisiti anagrafici verranno adeguati (in peggio) sulla base dell’aumento della speranza di vita sulla base delle indicazioni demografiche dell’Istat.
Durante il Consiglio dei Ministri di lunedì 26 agosto sono state approvate dal governo Letta alcune norme sulla stabilizzazione dei lavoratori precari nell’amministrazione pubblica e sui prepensionamenti degli statali in esubero. Invece per le modifiche alla riforma delle pensioni, nulla di fatto. In Consiglio dei Ministri si è parlato dei circa 8000 statali in esubero, che potrebbero andare in pensione con i criteri vigenti prima della riforma Fornero se maturati entro il 2016 (il precedente limite temporale era fissato al 2014).
Però ogni decisione è stata rinviata ai prossimi mesi nella legge di stabilità o con diverso provvedimento discusso con le parti sociali e con i partiti. Non si sa ancora come modificare la Legge Fornero e rimangono sempre sul tappeto scottanti questioni irrisolte: una per tutte la sorte dei “Quota 96”. E poi il governo è occupato in altri problemi per cui rischia la sua stessa tenuta. Meglio non distrarre il manovratore! Ma sappiano tutti che le ipotesi di cambiamento del sistema previdenziale italiano rappresentano una mina vagante per la stabilità politica e sociale. E continua a far discutere la circolare del Ministero della Funzione, emessa d’intesa con l’INPS e i ministeri del Lavoro e dell’Economia, con cui i lavoratori in esubero della pubblica amministrazione hanno ottenuto la possibilità di andare in pensione con le regole precedenti a quelle introdotte con la riforma Fornero. (Messaggio n. 12212 del 29-07-2013 – Inps). Uno dei punti chiave attorno a cui ruota la vicenda è la modifica del numero degli anni di contributi richiesti (vesting). La proposta sulle uscite flessibili con penalizzazioni economiche in caso di anticipo ha costi molto alti per lo Stato, come ha dichiarato il ministro Saccomanni, che non ha nessuna intenzione di fare una controriforma delle pensioni.
L’ultima novità è “l’acconto” sulla pensione degli over 50 che perdono il lavoro. Chi si trova a due-tre anni dal pensionamento e lascia il lavoro potrebbe ricevere un sostegno economico, che poi dovrà ripagare negli anni successivi: una sorta di prestito senza costi aggiuntivi sul sistema pensionistico. Si tratta in sostanza di erogare un anticipo sulla pensione che percepiranno e che comunque dovranno restituire a rate: una sorta di prestito, insomma

Giovanni Sicali

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