È stato condannato a un mese di reclusione, con la sospensione della pena, per aver telefonato alla scuola del figlio, annunciando la presenza di una bomba.
Quello che doveva essere un tentativo goliardico per evitare una verifica in classe al figlio, si è così tradotto in un reato penale.
A decidere, il 1° febbraio, che effettivamente l’uomo è incorso nel reato di procurato allarme è stato il tribunale.
L’imputato, un uomo piacentino, era finito nel mirino dei carabinieri che avevano avviato le indagini, nell’aprile del 2014, dopo che un istituto superiore di Castelsangiovanni, in provincia di Piacenza, era stato fatto evacuare una mattina dopo l’arrivo della telefonata minatoria.
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Dell’ordigno non fu mai trovata traccia. Ma i carabinieri risalirono al numero di cellulare che era intestato al piacentino, padre di un ragazzo che frequentava quell’istituto e che quella mattina doveva sostenere un compito in classe.
L’avvocato difensore ha invece sostenuto che, sebbene il cellulare fosse quello, non vi era prova che a telefonare fosse stato l’uomo. Il giudice ha però accolto la richiesta di condanna formulata in aula dal pubblico ministero.