C’era una volta la medicina scolastica. Un medico aveva in carico tre o quattro istituti scolastici, faceva una serie di screening (vista, udito, peso, altezza) in prima e terza elementare, valutava con gli insegnanti i possibili controlli presso la neuropsichiatria infantile o ad altri servizi del territorio.
Conosceva i dirigenti, la maggior parte degli insegnanti ed anche i pediatri di base. Prima ancora esisteva anche l’assistente sanitaria visitatrice – questo era il nome della sua qualifica – che costituiva un filtro precedente a quello del medico. Oggi c’è un solo medico scolastico per ciascun distretto sanitario: da noi è una brava persona e un bravo medico, ma è uno per 4 o 5 mila alunni.
I genitori romeni e degli altri paesi dell’ Europa orientale ci dicono che – nel caos di quelle nazioni – il medico scolastico esiste ancora. Le Asl rispondono che la stessa funzione viene esercitata dai pediatri di base, che però hanno in media più di mille piccoli mutuati. Viene un dubbio: se oggi si risparmia qualcosa, tagliando sulla medicina scolastica, non è che domani avremo dei costi in più ben maggiori? Disturbi alimentari, disagio sociale, diagnosi ritardate di disturbi dell’apprendimento.
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