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Cade dal secondo piano della scuola, i compagni ai prof: “Che significa educare se ci limitiamo a finire i capitoli di un libro?”

Qualche giorno fa, come abbiamo scritto, una studentessa di quindici anni del primo anno della scuola superiore, di Recanati, nelle Marche, è caduta dal secondo piano della scuola. La giovane è stata trasportata in ospedale in codice rosso. Si pensa al gesto volontario, ma non è certo: quel che si sa è che per fortuna la ragazza è fuori pericolo di vita.

Nel frattempo gli studenti del suo liceo si stanno mobilitando perché credono che il fatto, che ovviamente li ha traumatizzati, debba essere approfondito meglio dai docenti, soprattutto nel caso in cui la giovane abbia cercato di togliersi la vita. Secondo loro, questi ultimi, non hanno fatto abbastanza per riflettere sul caso insieme a loro.

Gli studenti si rivolgono anche ad alcuni loro coetanei, che hanno trattato il fatto con indifferenza o addirittura con ironia.

Il testo della lettera

Ecco il testo della lettera, pubblicato dal giornale locale Il Cittadino di Recanati.

“Cari professori e studenti, ieri mattina, come tutti sappiamo, un evento sconvolgente ha toccato profondamente la nostra scuola. Alcuni di noi hanno trattato questa tragedia con indifferenza o peggio, con ironia, vedendola come una scusa por saltare interrogazioni o lezioni. Altri si sono detti distaccati perché non avevano un legame con la ragazza. C’è stato chi ha preferito ignorare l’accaduto, continuando la giornata come se nulla fosse successo o chi ha optato per il silenzio.

Eppure, un fatto come questo non può e non deve passare sotto silenzio. Ieri purtroppo cosi non é stato. Cosa significa davvero ‘educare’ se ci limitiamo a completare i capitoli di un libro, senza preoccuparci di ciò che c’è oltre le pagine? Sono davvero più importanti i voti e i programmi scolastici che le persone che vivono in queste aule ogni giorno? Non è normale che una tragedia venga sminuita, ignorata o ridicolizzata soprattutto, da chi è più grande di noi. Non é normale che, durante un’intera ora, non si possano dedicare nemmeno 5 minuti (e non chiediamo di più) a una riflessione rapida. Ci insegnate di tutto, regole, formule e teorie, ma se l’indifferenza prevale di fronte al dolore di chi o sta accanto, cosa ci rimane da imparare davvero? La scuola non è solo un luogo di studio, ma dovrebbe essere un rifugio, un ambiente in cui sentirsi sopportati o ascoltati, anche (e soprattutto) nelle difficoltà.

Rivolgiamo allora un grazie sincero a quei professori che hanno scelto di fermarsi, di dedicare un momento per ascoltare, per aprire una discussione.

Questi gesti, piccoli ma potenti, sono la dimostrazione di quella sensibilità e umanità che dovrebbero essere al centro dell’educazione. L’insegnamento non è fatto solo di programmi da completare, di voti e di scadenze: è fatto di persone, di emozioni, dl vite che si intrecciano.

Per quanto riguarda noi ragazzi l’invito è a non lasciare che l’indifferenza diventi una barriera tra di noi. Dietro ognuno di noi ci sono delle storie, delle battaglie e delle difficoltà che spesso restano nascoste e che non vediamo. Non siamo qui solo per passare il tempo, ma per imparare a vivere insieme, con tutta la complessità o la bellezza che questo comporta.

E infine, il nostro pensiero va alla ragazza e alla sua famiglia, che in questo momento stanno vivendo un dolore che noi non possiamo nemmeno immaginare. Esprimiamo il nostro dolore e la nostra vicinanza”.

Laura Bombaci

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