In una intervista, pubblicata da Tempi.it, il prof. Giuseppe Zanetto, docente di Letteratura greca alla Statale di Milano, spiega perché i classici non si devono riconvertire in licei delle Scienze umane dove non c’è la lingua e cultura greca, e il latino è drasticamente ridotto.
“Quando i licei classici paiono sotto minaccia si tenta sempre con maggior frequenza di ridurre le ore “critiche” del latino e del greco.” Mentre si potrebbero “promuovere i licei classici dando l’opportunità ai ragazzi delle medie di conoscere il percorso educativo che vi si propone e si potrebbero pure indicare incontri sulla cultura antica, rieducando i ragazzi a frequentare luoghi come teatri o musei, per aiutarli a conoscere la civiltà e le sue opere”
Anche fra i docenti c’è una doppia posizione: una di natura aziendalistica “che consiste nell’allargare l’offerta didattica, presentando una modifica del liceo tradizionale, che comporta la riduzione netta del latino e l’eliminazione definitiva del greco; e una coraggiosa di chi trova nel classico un’opportunità formativa ancora valida”.
La crisi della cultura antica, continua Zanetto, è visibile nel “distacco evidente tra giovani e antichità che ci situa in controtendenza rispetto alla scena internazionale. Paesi come gli Stati Uniti o l’Inghilterra sentono il bisogno di studiare latino, greco e materie umanistiche mai come prima d’ora. I migliori studi contemporanei di Dante si svolgono nelle università americane”.
“In Italia invece si ricalca il comportamento internazionale, con qualche anno di ritardo e siamo ancora nella fase della demolizione.
La maggior parte dei ragazzi recita la frase: il latino e il greco non servono a niente, secondo l’inconsapevole pregiudizio che li vede unicamente come un’amara medicina e non come portatori dell’affascinante insegnamento degli antichi. Oppure il rischio attuale è vederle come studi riservati a un élite di pochi intellettuali”.
“La base della scuola, continua ancora il professore Zanetto, “così come la radice dell’educazione, è profondamente inserita nella tradizione antica. Lo smarrimento dell’antico è in primo luogo una crisi della coscienza culturale e della conoscenza di sé.
L’antico non è ancora passato, ma viene già percepito come morto. Bisogna interrogarsi sul perché questo modello, valido per secoli, sia stato poi smantellato. L’ansia di adeguarci e dare il nostro contributo al mondo porta allo sconvolgimento delle istituzioni e al superamento del modello classico. Oltre a questo, sussiste una difficoltà oggettiva delle lingue antiche che pretendono uno studio efferato e non semplice. Forse il metodo maturato dai professori non sempre è stato adeguato ai ragazzi. Per ultimo, non si può escludere dalla questione la crisi che sta attraversando la letteratura: l’uomo moderno non si riconosce più nel pensiero, nel discorso letterario e di conseguenza non riesce nemmeno a cogliere il richiamo alla vita che questo esercita. La cultura latina e greca non hanno valore se non lette secondo questa prospettiva.
Chi legge è risvegliato ad una letteratura profondamente letteraria (aldilà del gioco di parole) cioè ad una letteratura che promuove il senso della realtà e promuove quella problematicità della vita umana, molto poco di moda ai nostri tempi. Pertanto sostengo l’importanza degli antichi per il recupero di noi stessi. Il liceo classico, che ora sta pagando a caro prezzo il fardello della crisi, è il vero luogo da cui ripartire”.
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