Vi sono alcuni settori da riformare su cui il neonato Governo di Destra fa davvero sul serio. La premier Giorgia Meloni e i suoi ministri hanno una fretta tremenda di legiferare. È il caso dello stop ai rave-party, che per decreto potrebbe coinvolgere anche le scuole, almeno sentire buona parte della Sinistra e degli studenti. Un’importante accelerata si sta realizzando anche su un vecchio “pallino” della Lega: l’autonomia differenziata. Tanto che dopo pochissimi giorni dal suo arrivo a Viale Trastevere, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha incontrato gli assessori regionali all’istruzione e alla formazione assicurandoli di avere ben chiaro il ruolo decisivo delle autonomie locali. È tutto dire che l’argomento ha avuto la precedenza anche rispetto all’incontro con le parti sociali e i sindacati (che vedranno il responsabile del dicastero bianco solo giovedì 3 novembre).
L’ultimo tentativo serio di portare a casa la regionalizzazione è del 2019, con il primo Governo Conte e un altro ministro leghista, Marco Bussetti, a capo dell’Istruzione. In quell’occasione la proposta fu di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.
Da qualche giorno, sullo sviluppo dell’autonomia differenziata si sta muovendo in prima persona Roberto Calderoli, ministro leghista per gli Affari regionali e le Autonomie: il 2 novembre ha incontrato i presidenti di alcune Regioni interessate a diventare autonome. E al termine ha confermato che il piano è molto più che un’ipotesi: sarà una realtà, ha assicurato, già a partire dall’ottobre 2023, quando sarà votata la Legge di Attuazione. Con i primi provvedimenti che arriveranno nelle prossime settimane, ha tenuto a sottolineare il ministro leghista.
“Intendo completare tutto il percorso dell’autonomia differenziata entro la legislatura – ha sottolineato -, se portiamo a casa la Legge di Attuazione in meno di un anno è già un grosso successo, poi bisognerà dedicare i successivi anni al conferimento delle varie materie”.
Come previsto dall’articolo 117 della Costituzione, non tutte le Regioni saranno coinvolte. “Sto stabilendo – ha detto Calderoli – un modello per cui chi vuole può chiedere determinate materie di economia differenziata, per le Regioni che non lo chiedono non cambierà nulla. Nessuno può essere penalizzato dalla legge”, ha assicurato il ministro.
Oltre a territorio, suolo, ambiente, è anche la scuola tra gli ambiti su cui le Regioni aderenti al piano avranno la possibilità di intervenire direttamente senza passare dal governo centrale.
Per portare avanti il progetto, Calderoli sta procedendo a “tappe forzate”: l’agenda del ministro è fitta. Il ministro ha già incontrato il governatore del Trentino Alto Adige Arno Kompatscher, poi insieme i presidenti di Lombardia Attilio Fontana, del Veneto Luca Zaia e Davide Baruffi sottosegretario alla Presidenza della Regione Emilia-Romagna. Ha anche visto i rappresentanti di Liguria, Piemonte, Umbria e Marche.
Il 3 novembre incontrerà quelli di Friuli e con ogni probabilità Toscana, il cui governatore Eugenio Giani ha anticipato di essere d’accordo sull’autonomia differenziata su alcuni settori che hanno specificità regionale come “i beni culturali e la geotermia”.
Subito dopo, il ministro si recherà in Conferenza Stato Regioni per confrontarsi, ha specificato, “non solo con le Regioni che hanno richiesto l’Autonomia ma anche con quelle che sono interessate”.
Calderoli ha detto anche che vorrebbe che “fossero loro stessi”, i governatori, “a indicare quali sono le materie di loro interesse. Ci sono anche Regioni del centro e questo mi aiuta a pensare a cosa sia richiedibile anche dalle regioni del Sud. Sono convinto che ciascuno avrebbe un vantaggio richiedendo una o più materie nell’ambito dell’autonomia”.
Attilio Fontana, presidente della Lombardia, conferma la volontà reciproca nel chiudere in fretta la partita.
“Il ministro Calderoli – ha detto il governatore ha dimostrato oggi, in un incontro molto positivo, di avere le idee chiare e di volere soprattutto che la strada venga percorsa in tempi stabiliti”.
Fontana anticipa la timeline per arrivare alla legge. “Ci sarà un pre accordo con il Governo, un passaggio in sede di commissione parlamentare, e poi la definizione dell’accordo con il governo e infine il passaggio parlamentare. Con l’autonomia dimostreremo come le Regioni riescano essere più efficienti con un governo vicino al territorio che non con scelte fatte dal centro”.
Il governatore del Veneto, Luca Zaia, è dello stesso parere. “La secessione dei ricchi, come la definiva qualcuno, si conferma essere un progetto di modernità per un Paese che dovrà scegliere la via federalista e abbandonare il centralismo”, ha detto il leghista.
Per il presidente del Piemonte, Alberto Cirio, “la prima riunione è stata molto tempestiva e entro un anno arriverà una norma quadro all’interno della quale tutte le Regioni potranno muoversi. Le funzioni se gestite sul territorio sono più efficaci: non è una sfiducia nei confronti della gestione centrale, è un’azione pratica. Ogni volta che spostiamo il modello di governo più vicino al cittadino spendiamo meno, facciamo meglio e in tempi più brevi. Stiamo attuando ciò che è previsto dalla Costituzione”, ha assicurato Cirio.
Cosa dobbiamo aspettarci per la Scuola qualora davvero il progetto del ministro Roberto Calderoli dovesse andare in porto?
Il quadro che dobbiamo aspettarci è quello di un sistema scolastico differenziato sia sul versante dell’offerta formativa, comprese le esperienze di Pcto, che delle risorse che potranno gestire scuole (anche paritarie) e uffici scolastici, sia per quanto riguarda il reclutamento, quindi i concorsi, la formazione iniziale e in itinere, gli stipendi e la mobilità di docenti, Ata e capi d’istituto. Tutti ambiti, tra l’altro, che si intrecciano con i tanti miliardi in arrivo attraverso il Pnrr.
In linea teorica, anche le valutazioni di studenti e personale potrebbe portare a soluzioni diverse. Tanto che i sindacati hanno sempre poco accettato una proposta di questo genere, poiché, sostengono, verrebbe meno il principio dell’unitarietà dell’istruzione pubblica.
In questo contesto, sostengono i detrattori dell’autonomia differenziata, Con gli alunni appartenenti ai ceti meno abbienti avrebbero sempre meno chance di affrancarsi dal loro ambiente di provenienza.
Inoltre, sarebbe più che fattibile la possibilità che il personale percepisca stipendi differenziati, con i dipendenti in servizio nelle Regioni più ricche e propense ad investire sulla scuola che garantirebbero buste paga più alte.
Anche se il discorso rimane puramente teorico, il rischio concreto sarebbe anche quello di vedere allargarsi la forbice del gap di competenze che già oggi caratterizza la preparazione dei nostri studenti, mettendo forse addirittura in crisi la tenuta unitaria del sistema nazionale d’Istruzione.
Di contro, c’è chi sostiene che si tratta dei soliti “visionari” apocalittici, sempre pronti a mantenere gli assetti tradizionali.
E, comunque, non si può nemmeno continuare a costringere le Regioni più virtuose a non spingersi verso il progresso, tenendo loro tarpate le ali solo perché altri territori nazionali non riescono a decollare.
Presto, comunque, ne sapremo di più. Il Governo Meloni ha fretta di portare in porto gli obiettivi prefissati. Ed uno di questi è la regionalizzazione.
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