Prosegue la nostra inchiesta sul problema del calo demografico.
Dopo l’intervista Maddalena Gissi, segretaria nazionale Cisl-Scuola, proponiamo quella a Pino Turi, leader della Uil-Scuola
La Fondazione Agnelli ha riportato l’attenzione sul problema del calo demografico e delle conseguenze sul nostro sistema scolastico. Lei pensa che sia davvero un problema importante?
La denatalità è un problema importante, non solo per la scuola ma per il Paese. Il confronto tra i dati complessivi forniti da Eurostat, con la media europea che ha un indicatore medio stabile, la Svezia in crescita e l’Italia in forte calo, ci offrono un quadro che fotografa la nostra situazione dal punto di vista economico e sociale. Situazione che, come tale, si riflette anche sulla scuola che ne rappresenta un fedele spaccato.
La sensazione è che in questi anni le organizzazioni sindacali si siano preoccupate poco di questo tema. E così ?
No, la Uil,lo denuncia da tempo. A livello di Confederazione è stata richiesta con decisione una inversione delle politiche messe in atto in questi ultimi tempi. Anni caratterizzati da una deriva neo liberista, fatta di tagli e austerità, e noi della Uil Scuola lo diciamo da tempo: occorre una vision strategica nuova che guardi all’investimento in conoscenza ed istruzione come centrali per lo sviluppo, la crescita e la coesione del nostro Paese.
Lasciando da parte l’ovvia proposta di diminuire il numero di alunni per classe, come andrebbe affrontata la questione secondo voi?
Si devono, innanzitutto, mettere in campo politiche che invertano la tendenza alla denatalità intervenendo con misure di welfare di stampo diverso da quello messo finora in atto. Il risultato è sotto gli occhi di tutti con situazioni che mostrano una regressione, sotto il peso del neo liberismo, del sistema complessivo dei servizi. Per la scuola che assolve a una funzione centrale dello Stato, la situazione è anche più delicata: si deve intervenire per eliminare la dispersione ancora molto alta, incrementare la frequenza a scuola, aumentare il numero dei laureati. In questa prospettiva vanno riviste le scelte della 107 fortemente orientate da politiche, che a questo punto, sono bocciate anche dalla demografia.
Con un vistoso calo demografico come quello che si preannuncia nei prossimi anni, ha ancora senso chiedere un incremento generalizzato degli organici?
Al prossimo Governo, come Uil Scuola, chiederemo l’eliminazione dell’organico di fatto e la fine della politica dei tagli del Mef che hanno determinato precariato, discontinuità e diseconomie, senza considerare il costo amministrativo dovuto al rifacimento del doppio organico, di diritto e di fatto.
Una richiesta assolutamente compatibile con il sistema.
Non dobbiamo dimenticare che, la scuola è stata al centro di una ampissima contrazione di organico negli anni scorsi: sono stati 145 mila i posti in organico tagliati dal ministro Gelmini. Il ragionamento potrebbe ripartire da lì, da come recuperarli.
Mettere insieme dati, in qualche misura già noti, per dimostrare che c’è un allarme in atto, non deve dare la stura a nuove politiche di tagli. Sarebbe un errore serio, che porterebbe il nostro Paese ad un ulteriore allontanamento dai parametri dell’Unione. I dati europei mostrano, infatti, una direzione diversa: dove si è investito nella scuola, anche in tempi di recessione economica (come in Germania), la crescita e la natalità, sono costanti.
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