Quello del decremento demografico potrebbe essere il problema più complicato che il sistema scolastico dovrà affrontare nei prossimi anni.
I dati Istat parlano chiaro, basta leggerli con un po’ di attenzione.
Prendiamo, ad esempio, la scuola primaria: quest’anno hanno iniziato a frequentarla i bambini nati nel 2010, poco meno di 550mila.
Ma il trend per i prossimi anni è tutto in discesa: i nati del 2011, quelli che entreranno alla primaria nel settembre prossimo, sono 530mila e cioè 20mila in meno. E si scende a 522mila con i nati del 2012.
Poi il crollo: nel 2019 inizieranno la primaria 500mila alunni e nel 2021 si arriverà a 480mila. Nell’arco di 5 anni la scuola primaria perderà insomma 70mila alunni, il 12% rispetto ai numeri attuali corrispondenti, più o meno a 3500 classi.
Il fatto è che il calo non sarà uniforme: la perdita di alunni sarà dell’11% al sud e del 15% al nord-est.
Analizzando i dati con maggior precisione si scopre però che in Calabria il calo demografico sarà impercettibile, mentre in Sardegna si sfiorerà il 20%.
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Situazione diversa quella della secondaria di primo grado: nel settembre scorso sono entrati in prima i nati nel 2005 (544mila in tutto); il prossimo anno toccherà a quelli del 2006 (552mila) e nel 2018 ai nati nel 2007 (556mila).
Ma negli anni successivi ci sarà una emorragia continua, al ritmo di 15mila alunni all’anno.
Più difficile prevedere cosà accadrà nella scuola superiore dal momento che diversi fenomeni possono modificare il trend demografico (ripetenze, passaggio alla formazione professionale e così via).
A partire dai prossimi anni, potrebbe quindi risultare quasi impossibile mantenere gli attuali livelli occupazionali, a meno di non rivedere in modo significativo le politiche degli organici, a partire dalla espansione del tempo pieno e forse persino dall’obbligo scolastico a 5 anni.