Politica scolastica

Calo demografico: nostra intervista a Maddalena Gissi (Cisl-Scuola)

Sul tema del calo demografico la nostra testata intende condurre una inchiesta, ascoltando voci diverse.
Apriamo oggi con questa intervista a Maddalena Gissi, segretaria nazionale Cisl-Scuola

La Fondazione Agnelli ha riportato l’attenzione sul problema del calo demografico e delle conseguenze sul nostro sistema scolastico. Lei pensa che sia davvero un problema importante?

Anzitutto vorrei sottolineare come il diminuire di una popolazione costituisca un problema non tanto e non solo per la scuola, ma per l’intera nazione. Il calo demografico si traduce infatti, inevitabilmente, in un invecchiamento della società, con i riflessi che questo ha e con i costi che comporta. In termini di assistenza e previdenza, tanto per citare due temi fra i più rilevanti. Quanto alle conseguenze sul sistema scolastico, credo che i ragionamenti, le valutazioni, le decisioni riguardanti la scuola vanno assunti con logica di sistema, tenendo conto di tutta un’ampia serie di elementi che definiscono la rete di contesto, le condizioni di esercizio in cui la scuola assolve il suo compito, spesso in una condizione di solitudine di fronte a quelle sfide educative che altri soggetti, oggi, sembrano ignorare o eludere. Io vorrei che il trend demografico negativo diventasse oggetto di un ragionamento che non può essere solo sulla scuola, ma investe complessivamente la relazione fra scuola e società.

La sensazione è che in questi anni le organizzazioni sindacali si siano preoccupate poco di questo tema. È così?

Non direi, sono anni che rivendichiamo la dovuta attenzione su questioni che, irrisolte, alimentano una condizione, giunta a livelli allarmanti, di disagio, incertezza e sfiducia nel futuro. Quando denunciamo la mancanza di lavoro, o la troppo diffusa precarietà del poco lavoro che c’è, denunciamo situazioni che non incoraggiano certo processi di crescita demografica. Voglio essere ancora più chiara: io non accetto che la preoccupazione per le condizioni di lavoro di chi è occupato venga letta come difesa di un privilegio, che ci farebbe dimenticare chi il lavoro non ce l’ha. Le due cose devono camminare insieme, il diritto dei giovani al lavoro è sacrosanto e tutti dobbiamo fare di più perché non rimanga sulla carta. Per noi è un’assoluta priorità, ma deve tradursi a livello più generale in scelte politiche orientate a sostenere la crescita. Una sfida per tutti, per il sindacato e in generale per la politica cui spetta la guida del Paese. Politiche per il lavoro, ma anche politiche per la famiglia: non è un caso se il trend demografico è positivo in altri Paesi (Germania, Francia, Spagna) che su questo hanno fatto scelte forti di investimento.

Lasciando da parte l’ovvia proposta di diminuire il numero di alunni per classe, come andrebbe affrontata la questione secondo voi?

Può darsi che quella di diminuire il numero di alunni per classe sia una proposta ovvia, ciò non vuol dire che sia banale, anzi.
Siamo ancora dentro una stagione che ha bisogni e domanda di scuola a cui non si risponde adeguatamente. Penso ai problemi posti dai processi immigratori, alle tante situazioni di povertà educativa, alla necessità di affrontare meglio l’integrazione di chi presenta problemi di handicap o disturbi di apprendimento. Sulle cosiddette “classi pollaio” si sono versati fiumi di inchiostro, così come sulla necessità di personalizzare sempre di più i percorsi formativi. Si può fare tutto questo, si può fare bene con classi sovraffollate? Se con meno alunni tutto ciò può trovare un minimo di risposta, non cambia certo il dato negativo di un preoccupante calo demografico che, come già detto, è un problema grave dell’intera società, ma dalla difficoltà si coglierebbe almeno un’opportunità.

Con un vistoso calo demografico come quello che si preannuncia nei prossimi anni, ha ancora senso chiedere un incremento generalizzato degli organici?

Non c’è dubbio che politiche espansive difficilmente si giustificano a fronte di una diminuzione di alunni, ma vorrei far notare che le nostre richieste in materia di organico sono oggi soprattutto quelle di una stabilizzazione dei posti di cui comunque, come è facilmente dimostrabile, la scuola non potrebbe fare a meno, e che continuano a essere coperte con lavoro precario. In modo ingiustificato e con un danno che riguarda sia chi è costretto a una condizione di lavoro incerta, sia l’organizzazione del lavoro che quell’incertezza la paga in termini di efficacia e qualità. Anche qui, fiumi d’inchiostro per inneggiare al valore della continuità didattica, poi resistenze incallite a rendere stabile e certo il lavoro che certamente è indispensabile alla scuola per poter funzionare.

Reginaldo Palermo

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