Quello del calo demografico (e delle sue conseguenze sul sistema scolastico) è ormai il tema del giorno: lo ha ribadito lo Svimez nel suo ultimo rapporto, ma, al di là delle pur comprensibili doglianze dei sindacati e dei sindaci dei piccoli comuni e delle aree più marginali del Paese non si leggono proposte e soluzioni né da parte delle organizzazioni sindacali né da parte del Governo.
Non mancano invece le proteste di sindacati, Regioni e Comuni per i piani di dimensionamento.
In alcuni casi le Regioni hanno anche chiesto l’intervento della Corte Costituzionale che, almeno fino a questo momento, ha confermato la legittimità delle decisioni del Ministero e del Governo.
In questi giorni lo Svimez ha forniti dati a dir poco drammatici: nel 2035 potremmo trovarci di fronte ad un vero e proprio crollo della popolazione scolastica.
Si parla di una diminuzione a due cifre della popolazione scolastica: la Sardegna e altre aree del Mezzogiorno potrebbero arrivare a perdere un alunno su 3 e la situazione potrebbe diventare del tutto insostenibile in molti piccoli Comuni dove non ci sarebbero più le condizioni per tenere aperte le scuole.
Con questi numeri c’è anche da chiedersi che fine farà il grande piano sugli asili nido: fra 10-15 anni a cosa serviranno i nidi che si stanno realizzando grazie alle ingenti risorse del PNRR?
Ma, il dato più allarmante è anche un altro: la politica e gli stessi sindacati non sembrano particolarmente intenzionati ad affrontare il problema con la dovuta attenzione e sembrano piuttosto impegnati a lavorare su temi, certamente importanti (reclutamento, organici, concorsi, programmi e valutazione), ma non propriamente strategici: possiamo anche azzerare bullismo e precariato (anche se non mancano i dubbi), ma se fra 10-15 nella metà dei Comuni del sud non ci saranno bambini a sufficienza aprire scuole e asili nido anche le migliori riforme di sistema non sortiranno nessun effetto reale.
La sensazione è che ci troviamo ormai sul classico treno che ha imboccato una linea ferroviaria che deve passare su un viadotto pericolante senza conduttori e senza una sala di comando in grado di prendere le decisioni necessarie per evitare la catastrofe.