Sono ancora troppo pochi gli Italiani coscienti del pericolo costituito dal velocissimo cambiamento climatico in corso (ampiamente previsto e confermato dagli scienziati da oltre 60 anni). Pochi anche i docenti consapevoli del rischio rappresentato dalla disinformazione in materia e dall’indifferenza generalizzata sul tema. Le scuole pullulano di “progetti” d’ogni tipo, durata e budget, ma pochissime istituzioni scolastiche investono risorse, tempo e professionalità sull’argomento. Ancor più meritevole, quindi, l’impegno dei docenti del Liceo “Morgagni di Roma”, dove di recente si è svolto, per loro iniziativa, un interessante convegno, di cui abbiamo ampiamente e tempestivamente dato notizia. Meritevolissimi quegli studenti che si stanno impegnando fattivamente per non permettere l’oblio su queste tematiche: oblio molto facile nell’attuale assetto dei mezzi di comunicazione di massa, che bombardano il cittadino-consumatore di gossip, fake news, calcio, politica-spettacolo ed altre armi finalizzate alla distrazione di massa.
La Tecnica della Scuola ha dedicato alla questione numerosi contributi (reperibili ad esempio qui, qui, qui, qui, qui e qui). Numerose sono le notizie, sempre più allarmanti, che riguardano non solo l’aumento costante delle temperature in tutto il pianeta, ma anche i fenomeni meteorologici sempre più estremi (e più frequenti), che investono ormai regolarmente il nostro Paese, un tempo noto per la clemenza e la mitezza del suo clima mediterraneo. Per comprendere la gravità della situazione, basta fare un giro nel web. Chi volesse averne contezza, non dovrebbe far altro che scrivere nella barra di ricerca di YouTube l’espressione “tornado Italia”. Filmati semplicemente terrificanti mostrano un clima italiano oramai irriconoscibile, quasi passeggiassimo tra le pagine dell’Apocalisse. Così come irriconoscibile (persino dallo spazio) è l’intero pianeta secondo la testimonianza dell’astronauta ESA Luca Parmitano, che individua nel global warming “il nemico numero 1”.
Chi ha più di 50 anni ricorda bene che, da piccoli, ci sentivamo sicuri rispetto al fenomeno dei tornado, perché li sapevamo confinati in zone ben definite del pianeta, (USA e regioni tropicali). In Italia il fenomeno era l’eccezione, non certo la regola. Negli ultimi anni, invece, tornado e grandinate distruttive (con chicchi come palle da tennis) sono diventati frequentissimi.
Alla fine dello scorso ottobre una sorta di uragano ha devastato sulle Dolomiti foreste plurimillenarie, che mai avevano conosciuto tragedie simili. L’agricoltura subisce di continuo danni gravissimi. Il che significa soltanto una cosa: le piante che abitano l’Italia dalla fine dell’ultima glaciazione (quindi da circa 10.000 anni) non sono più adatte al nostro clima. E lo stesso scenario si verifica in tutti i Paesi della Terra. Ma quanti Italiani si rendono conto che ciò comporterà tra non molto una crisi alimentare di proporzioni non prevedibili? Quanti capiscono che in 250 anni di produzione industriale sempre più intensa (e in 40 anni di neoliberismo economico sfrenato) il sistema imprenditoriale dominante ha cambiato in modo irreversibile la composizione chimica dell’atmosfera? Quanti possiedono competenze (e buona volontà) sufficienti a comprendere che la composizione chimica dell’atmosfera ha conseguenze dirette sull’energia termica dell’atmosfera stessa, e quindi sulla meccanica e sulla dinamica dei fluidi (aria e acqua), con immediate e gravi ripercussioni sulla vita di tutti noi?
L’abitudine (indotta da consumismo e individualismo) ad infischiarsene di tutto — nell’illusione che il menefreghismo sia uno scudo contro ogni sciagura — spinge non voler vedere il pericolo che ci minaccia. Finché non succedono tragedie inenarrabili, come quella che ha ucciso la ragazza di Fiumicino, massacrata da un mostruoso tornado notturno che ha sollevato e sbattuto lontano la sua auto, con lei dentro!
Tanti son già morti a causa del riscaldamento globale. Non è quindi argomento su cui scherzare o sparare scemenze. Troppi, tuttavia, non aprono gli occhi nemmeno dopo tragedie simili. Esistono ancora persino docenti che negano l’entità del dramma in atto. Chi scrive ha ascoltato, anche di recente, frasi sconsiderate pronunciate da chi (per lauree possedute e materie insegnate), dovrebbe essere edotto sulla tematica, e invece — irresponsabilmente — bolla l’argomento come “fantasia”, “moda”, o “interesse delle multinazionali nel seminare il panico”; mentre semmai è vero il contrario: le multinazionali dei combustibili fossili (principali responsabili dello spaventoso inquinamento da gas serra) non vogliono che la gente sappia, che si allarmi, che s’impegni per la conversione dell’apparato industriale alle energie rinnovabili e al mutamento del modello di sviluppo.
Che fare? Innanzitutto riflettere, nel mese di vacanze estive che rimane, su come trasmettere agli alunni la voglia d’informarsi sull’argomento. E poi aggiornarsi, documentarsi, approfondire. Non accontentarsi delle poche notizie dei TG (che solo da poco non tacciono più sull’argomento). Effettuare ricerche su articoli scientifici (un ottimo motore di ricerca è Google Scholar). E — last but not least — leggere La Tecnica della Scuola!
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