Il problema più grosso? Per Sestio è la “disabitudine alla misurazione che senz’altro contribuisce a spiegare il ritardo nel nostro paese. Ma non ci sono scorciatoie: serve decisione e lungimiranza, con un approccio cauto e graduale.” Valutare una scuola, continua Sestio, anche alla luce del nuovo Regolamento del Snv, “è un tema ancora più complesso perché occorre partire da misure di performance, che sono lo scopo della rilevazione degli apprendimenti, ma queste poi non bastano. Il sistema di valutazione immaginato dal nuovo Regolamento è multipolare perché combina autovalutazione e valutazione esterna ed anche perché mette insieme la valutazione delle misure degli apprendimenti degli alunni e dei processi posti in essere da una scuola che hanno contribuito a determinare quegli apprendimenti.” Lo scopo è allora quello di “mettere la singola scuola, dotata di strumenti adeguati, nella condizione di potersi migliorare”, in linea con le finalità del Regolamento.
Il sistema valuta le scuole e, per alcuni aspetti, i loro dirigenti. “Un sistema centralizzato di valutazione degli insegnanti”, continua Sestio, “avrebbe poco senso. Quanto alle scuole, che sono l’oggetto del Regolamento, il sistema immaginato è fondato sia sull’autovalutazione che sulla valutazione esterna”. In ogni caso si tende alla valorizzazione “della valutazione interna, la finalizzazione al miglioramento, l’attenzione al concetto di valore aggiunto, ai risultati cioè di una scuola tenendo conto delle sue effettive condizioni di partenza, del contesto in cui opera, etc.”
“L’Invalsi” dice ancora il presidente dell’Invalsi “deve rispondere ad una grande sfida: la costruzione, insieme ad altri soggetti, di un sistema nazionale di valutazione. A questo scopo occorrono due cose: le risorse, per svolgere il suo lavoro tecnico e le risorse necessarie per intervenire nelle scuole che sono in condizioni più critiche.”
Il punto centrale è la rilevazione dei livelli di apprendimento, per questo dice Sestio: “Stiamo definendo le prove di V superiore, preannunciando con ampio anticipo quello che vogliamo fare. Sulla logica di tali prove, che avranno aspetti molto innovativi (in primis l’uso del computer), apriremo nelle prossime settimane una consultazione pubblica e nei pre-test che condurremo vogliamo verificare sia questioni relative al grado di differenziazione tra i diversi indirizzi scolastici, sia il loro possibile utilizzo a fini di orientamento e selezione nei successivi percorsi universitari.”
“In prospettiva è anche da decidere il loro possibile utilizzo nell’ambito dell’esame di Stato, una questione su cui auspico che si apra una riflessione all’interno di una riflessione più complessiva su quest’ultimo. Sarebbe un errore fare delle prove Invalsi una prova ulteriore che si aggiunge alle altre, come a suo tempo fatto nell’esame conclusivo del I ciclo. Credo sia preferibile ripensare il senso complessivo e la struttura dell’esame finale del secondo ciclo e una data ragionevole per intervenire in proposito potrebbe essere il 2015, anno in cui giungerà a maturazione la riforma del II ciclo d’istruzione.”