Attualità

Cambiare (pacificamente) il mondo? Basta “risvegliare” un alunno per classe

Come tirar su il morale ai docenti migliori in un’epoca (e in un Paese) che li fa sentire inutili? Facendo loro leggere un articolo di BBC Future sulla “regola del 3,5%”. Vediamo di che si tratta.

Oggi chi insegna per passione è nello sconforto: attanagliato da burocrazia e senso di fallimento, crede di non incidere nella realtà. I ragazzi gli sembrano non cambiare, non amar la conoscenza, non desiderare di migliorar la realtà attraverso la cultura (e le idee). Gli pare di poter dire che, al massimo, in ogni classe, su 30 alunni, in due anni di lavoro si riesce a far maturare ed evolvere uno o due studenti: risultato deludente, pensa. Il suo contributo a un mondo migliore gli appare veramente infimo. Ritiene che, per cambiare il mondo, occorrerebbe trasformare in cittadini attivi e consapevoli almeno i due terzi degli studenti.

Ebbene, l’articolo di cui sopra cita uno studio dell’Università di Harvard, il quale dimostra che, per cambiare il mondo, basta una percentuale minima della popolazione: appena il 3,5%!

La ricerca dei politologi di Harvard

La ricerca è stata effettuata da Erica Chenoweth, politologa statunitense, docente di politiche pubbliche presso la Harvard Kennedy School e il Radcliffe Institute for Advanced Study e coautrice (con Maria J. Stephan) del libro Why Civil Resistance Works: The Strategic Logic of Nonviolent Conflict” (“Perché la resistenza civile funziona: la logica strategica del conflitto nonviolento”, New York, Columbia University Press, 2011). Il lavoro è stato condotto con un gruppo internazionale di studiosi, che sotto la sua guida hanno analizzato tutti i principali sforzi di cambiamento politico (violento e non) del XX secolo. Confrontando più di 100 campagne nonviolente e oltre 200 rivoluzioni violente, ci si è accorti di un fatto: le campagne nonviolente hanno più successo. Infatti solo il 26% delle rivoluzioni violente ha vinto, mentre più alta (53%) è la percentuale dei successi riportati da movimenti nonviolenti. Non solo: la violenza porta quasi sempre tirannidi, mentre la nonviolenza produce sistemi democratici. Insomma, il Mahatma Gāndhī aveva ragione.

Per fare “massa critica” basta il 3,5%

Ma il dato più stupefacente è appunto “la regola del 3,5%”: ai movimenti coronati da successo non ha partecipato la maggioranza della popolazione, ma una ristretta minoranza, molto attiva e determinata: solo il 3,5%! Molti movimenti vittoriosi hanno visto una partecipazione persino inferiore! E c’è di più: sono nonviolenti tutti i movimenti che hanno raggiunto quella percentuale (non raggiunta invece da nessun movimento violento).

Per fare il 3,5%, basta un alunno per classe

Torniamo al docente italiano in crisi motivazionale: alla luce dello studio citato, proviamo a far due conti. Il 3,5% di una classe di 30 alunni è 1,05. Il che — ammesso e non concesso che l’alunno “cresciuto” (ossia trasformato in cittadino motivato, civilmente e socialmente attivo, disposto a impegnarsi per un’idea) in ogni classe sia solo uno — significa obiettivo già raggiunto.

Pensiamo, infatti, a quanti alunni un docente insegna nel corso della propria vita professionale: ogni anno, almeno 30 nuovi studenti; il che, moltiplicato per 40 anni d’insegnamento, si traduce in almeno 1200 alunni. Ebbene, il 3,5% di essi formerà, alla fine della carriera del docente innamorato della docenza, un drappello di almeno 42 persone di tutte le età, pronte a cambiare il mondo grazie agli insegnamenti del docente. Stima per difetto, ovviamente: la cifra reale sarà almeno doppia o tripla.

La Scuola può cambiare tutto

Orbene, gli insegnanti delle scuole in Italia sono un po’ meno di 800.000 (ma quasi 1.500.000 se consideriamo anche i precari). Supponiamo che solo il 3,5% di quegli 800.000 sia disposto finalizzare il proprio lavoro quotidiano al risveglio delle coscienze: significa un piccolo “esercito” di 28.000 docenti. Se ognuno di questi, in tutta la propria vita professionale, “risveglia” la sopita coscienza anche di un unico alunno per classe, i loro “risvegliati” saranno comunque una cifra immensa: 1.176.000! Vuol dire, su una popolazione italiana di 59.258.000, una percentuale dell’1,98%. Per arrivare al 3,5% occorrono solo altre 898.030 persone (che magari giungeranno al “risveglio” dopo il diploma, e sempre grazie agli insegnamenti della Scuola).

Stima metodologicamente pessimistica, con un calcolo ottenuto per difetto.

Il grande potere dell’insegnante

Insomma, un docente è davvero potente. “Insegnare”, secondo il Vocabolario Treccani, significa «far sì, con le parole, con spiegazioni, o anche solo con lesempio, che qualcun altro acquisti una o più cognizioni, un’esperienza, un’abitudine, la capacità di compiere un’operazione, o apprenda il modo di fare un lavoro, di esercitare un’attività, di far funzionare un meccanismo». “Anche solo con l’esempio”. Infatti — come diceva il grande socialista francese Jean Jaurès (1859-1914) — «Non si insegna quello che si sa o quello che si crede di sapere: si insegna e si può insegnare solo quello che si è». Un docente portatore di idee produrrà studenti dotati di idee. Impossibile il contrario.

Chi insegna lascia il segno. Perciò ha un potere grande: il potere di risvegliare chi dorme. Sarà per questo che i docenti italiani sono oberati d’incombenze burocratiche che li sottraggono al loro vero lavoro? Sarà per questo che vengono pagati come operatori ecologici e additati come inefficienti e retrogradi?

Alvaro Belardinelli

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