E l’articolo del quotidiano continua: “Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha voluto separare questo aspetto dalla riforma vera e propria proprio perché la complessità della riforma rischiava di affogare la necessità di cambiamento degli esami di fine ciclo”
“L’esame di terza media, è un fascicolo aperto ma che richiede una riflessione ulteriore (suggerita anche dalla moglie del premier, insegnante alle medie inferiori): troppo vasto e profondo per quattordicenni, con tutte le materie da portare. Sulla revisione della maturità, il ministro ha pronta una legge, necessaria per adeguare ai tempi gli effetti della legge Gelmini che ha fortemente ridotto gli indirizzi scolastici e introdotto licei senza latino e licei sportivi. Ecco, le seconde prove della maturità andranno riviste ed è possibile che il ministro scelga — oltreché un aggiornamento obbligatorio — di rivedere una prova che costa 80 milioni l’anno, promuove il 99,2% degli esaminandi (dato 2014)”.
A conti fatti dunque il problema sarebbe legato sempre alla spesa che deve sopportare il Miur per pagare i docenti, tranne quelli della secondaria di primo grado.
Tuttavia vogliamo ricordare che, ministra dell’istruzione Letizia Moratti, l’esame di stato delle superiori fu riformato, introducendo come esterno solo il presidente della commissione, un po’ come oggi succede alla “media”, mentre i docenti corrispondevano al consiglio di classe: un unico presidente per l’intera scuola e che doveva garantire l’equità degli esami per ciascuna commissione. Col la successiva legislatura, Beppe Fioroni, a furor di popolo, riconobbe l’inconsistenza di tale scelta, cosicchè si ritornò alla vecchia formulazione implementata da Luigi Berlinguer, che rispecchia la procedura attualmente in vigore.
Non si capisce dunque come si vorrebbe cambiare ancora, tranne che si abolisca il valore legale del titolo di studio e al candidato venga assegnato, non un voto unico, ma un giudizio per ciascuna disciplina. Una sorta di attestato con la certificazione delle competenze e che non preveda bocciature, mentre la sua legalizzazione, cioè la possibilità di spendere il titolo per i pubblici concorsi, sia soggetta a un tirocini presso una agenzia riconosciuta o presso studi professionali accreditati.
Usare ancora il cacciavite, con le pinze, per ritoccare l’esame, introducendo per esempio, come viene detto da più parti, una quarta prova, diretta emanazione dell’Invalsi, per testare l’effettiva (ma sarà mai effettiva?) preparazione dei ragazzi e quindi l’operato dei docenti, non ci pare scelta saggia.