Categorie: Valutazioni

Cambieremo il test Invalsi. Lo assicura la presidente Ajello

Ciò che si dovrebbe cambiare, dice Ajello, sono “alcune formulazioni sono troppo complicate. Ho provato a leggere le domande del test di seconda elementare, in alcuni casi ho dovuto leggerle due volte prima di capire la domanda. Non è ammissibile”.
E in più, dice la presidente, “non si possono effettuare le prove sulla base di tranelli o furbizie. Non vanno rese più difficili i test ricorrendo a queste complicazioni”.
Per questo Ajello sta “incontrando gli esperti per capire come all’interno del quadro delle indicazioni nazionali si possano mettere a punto delle prove ben fatte”.
E se la promessa è quella di rendere i test più semplici già dall’anno prossimo, l’opposizione contro di essi è comunque una “opposizione molto ridimensionata rispetto a quanto avveniva in passato. È anche vero che, se per quelli che hanno un po’ di anni come me, un tempo la valutazione nemmeno esisteva, ora, invece, si tratta di un tema di cui discutere, da modificare semmai, ma da cui non si prescinde. Non è un risultato banale ed è il frutto del lavoro di questi anni da parte anche degli insegnanti che si sono lasciati coinvolgere. Senza di loro questo sistema non starebbe in piedi, voglio sottolinearlo”.
Ma la presidente Invalsi sottolinea pure che, tra gli insegnanti, anche “chi ha dei dubbi fa svolgere regolarmente le prove e molti di loro riescono anche ad usare i dati”, mentre “chi sostiene che i test Invalsi servano a valutare gli insegnanti irrobustisce solo le critiche. Servono per valutare le competenze acquisite e per confrontare i dati in modo da mettere a punto indicatori per evidenziare il peso che le diverse variabili socioeconomiche, socio- culturali e familiari possono avere nel determinare i risultati ottenuti”
In una buona scuola, dice ancora Ajello, bisogna pure coinvolgere il dirigente che fa “spesso fa la differenza, ha una funzione fondamentale, insostituibile. Va definita meglio la valutazione del suo operato in base alle specificità della scuola. Si deve riuscire a valutare la quotidianità del suo lavoro, una quotidianità che deve essere chiaro però che è molto complessa”.
In alto mare invece l’introduzione del test Invalsi all’ultimo anno delle supere: “dobbiamo fare in modo che la comunità scientifica raggiunga un accordo. Ci sono ancora molti nodi da sciogliere: deve essere una prova di opere come avveniva negli istituti tecnici, o di competenza? Uguale per tutti o diversa in base agli indirizzi di studio? Vorrei che la discussione su come dovrà svolgersi la prova avvenisse sotto forma di dibattito pubblico”.
Sulle prove Invalsi SEL ha molte perplessità, perché si tratta di test lontani dalla realtà degli alunni, delle scuole e dei contesti sociali in cui sono inserite, nonché dei percorsi didattici che si mettono in atto.
La valutazione è un tema delicato che non si può affrontare in maniera parziale, si deve tener conto di molteplici aspetti. Attraverso i risultati ottenuti nei test Invalsi come si potranno misurare gli esiti educativi di quelle scuole che riescono, spesso con risorse del tutto insufficienti, a motivare alla frequenza anche gli alunni più deprivati, prevenendo abbandoni e ritardi scolastici.
Come si valuteranno quei Docenti che riescono ad integrare alunni migranti da poco arrivati nel nostro Paese, anche senza potere fruire di tempi di docenza aggiuntivi per percorsi individualizzati o per la predisposizione di attività di laboratorio?

Pasquale Almirante

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