“Campane a morto” per il C.C.N.L.

Molti di noi, in prima fila ci metto i sindacati, si aspettavano di conoscere i contenuti del DEF (Documento Economico Finanziario) che anticipa molti dei provvedimenti che costituiranno la Legge di Stabilità (qualche anno fa conosciuta come “Legge finanziaria).

L’attesa era alta perché si volevano conoscere le cifre destinate al contratto degli statali per il 2017. Bene le aspettative sono state deluse. Non c’è traccia della voce contratto e quindi di conseguenza delle risorse economiche destinate ad esso. Dopo le inevitabili proteste sindacali e non solo, il MEF ( Ministero dell’Economia e Finanza ) ha dichiarato che la materia non è oggetto del DEF, bensì della Legge di Stabilità. Mossa elettorale? O altro? Difficile dirlo.
Stiamo ai fatti.

Il rinnovo contrattuale non è un favore che il governo concede alla controparte. E’ un diritto sancito dalla Costituzione e precisamente dall’art 36 che recita ”Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.”
A questo articolo, e non solo, la sentenza della Massima Corte ( 178/2015 ) si è rifatta quando ha sancito che ” Le limitazioni, imposte dal legislatore per il periodo 2010-2014, introdurrebbero una disciplina irragionevole e sproporzionata, discriminando, per un periodo tutt’ altro che transitorio ed eccezionale, i lavoratori pubblici rispetto ai lavoratori del settore privato.”… ” Il giudice rimettente assume che il “congelamento” delle retribuzioni dei pubblici dipendenti rientranti nel regime della contrattazione collettiva, prolungatosi per il periodo 2010-2014, senza alcuna possibilità di recupero, riveli molteplici profili di contrasto con la Carta costituzionale…Tale disciplina, destinata ad applicarsi per un periodo apprezzabile, comprometterebbe irreparabilmente lo svolgersi della contrattazione collettiva e il diritto dei lavoratori pubblici, sottoposti ad un carico di lavoro sempre più gravoso, a percepire una retribuzione proporzionata al lavoro svolto.”

Di fronte a questa sentenza come si è comportato il governo Renzi ? E’ stato costretto “obtorto collo” a inserire nella legge di stabilità del 2016 uno stanziamento di 300 milioni ( meno di 1/10 rispetto a uno riconoscimento dignitoso e adeguato. Si era parlato di una cifra di 4 miliardi di € ), che ripartiti tra tutti i dipendenti diventano 10 € lordi. In questo modo il governo Renzi ha rispettato formalmente la sentenza della Cassazione, inviando però un pessimo messaggio ai destinatari, caratterizzato da scarso senso di rispetto della dignità di chi nonostante tutto si impegna a mantenere un livello di prestazione adeguato  del servizio pubblico e nello specifico della scuola.

Sottolineo il fatto che il governo aveva,  prima della sentenza, deciso di proseguire con  il blocco della contrattazione,iniziato nel 2010 dal governo Berlusconi.. Con questa decisione si aveva un’ulteriore prova della perfetta identità o continuità trai governi di centrodestra e centrosinistra. Differenza solo nominale, in quanto entrambi gli schieramenti obbediscono agli ordini della grande finanza (. Fusaro ). Come sono lontani i tempi quando N. Bobblio scriveva le differenze tra i due gruppi culturali!

Se il blocco dovesse essere confermato (occorre capire come questa decisione possa coesistere con la nostra Carta forndamentale  e la sentenza della Corte Costituzionale ) nella Legge di Stabilità 2017, quali sono le implicazioni? Innanzi tutto .si sancirebbe la fine della contrattazione nazionale, e quindi della unitarietà formale della categoria docente, Profilo che sostanzialmente non esiste più, sostituito ormai da diverso tempo dalla frammentazione, dall’attenzione dei singoli o di piccoli gruppi al “particulare” che quasi mai risulta coerente con la dimensione comunitaria.

Questo mutamento persegue due scopi: ridurre sempre più l’azione dei corpi intermedi ( = sindacati ) e preparare il terreno per l’affermazione di un contratto tra l’Amministrazione e il singolo docente, sganciato da qualunque appartenenza comunitaria e quindi più debole e maggiormente ricattabile, caricato di doveri e contestualmente alleggerito dei diritti ( ad es: giusto compenso, permessi etc). Del resto non esiste un proverbio che dice “Divide et impera”? che, quando è stato attuato, ha sempre portato vantaggi solo al datore di lavoro?

I lettori ci scrivono

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