“Se vogliamo essere un paese europeo tra gli europei, forse dovremmo deciderci a parlare di obbligo scolastico a 18 anni“. A sostenerlo, durante un incontro della Funzione pubblica lombarda svolto a Milano il 28 febbraio, è stato il segretario generale della Cgil Susanna Camusso.
Secondo il leader del sindacato confederale, innalzare di due anni l’attuale obbligo scolastico esistente in Italia rappresenta un traguardo che dovrebbero raggiungere tutti i paesi che puntano a preparare adeguatamente i propri cittadini al mondo professionale. “E’ una conquista importante – ha sottolineato Camusso – perché l’istruzione non ha soltanto a che fare con la crescita della persona, ma è una parte fondamentale di quello che si potrà fare sul lavoro“.
La proposta del segretario generale della Cgil si pone, tra l’altro, in periodo per l’istruzione pubblica di transizione, durante il quale si stanno accavallando idee e spunti di riflessione. Come quella di ridurre da 13 a 12 anni il ciclo di studi: alcuni esperti di istruzione hanno già indicato come plausibile l’ipotesi propendendo per la suddivisione su quattro anni, anziché gli attuali cinque, del ciclo di studi riguardante la scuola secondaria superiore. Anche in questo caso il modello, del resto, è già ampiamente sperimentato in Europa. Ma anche negli Stati Uniti, in Cina e in India.
Viene ora da chiedersi: è una possibilità plausibile quella di vedere coincidere la fine dell’obbligo scolastico con quella del ciclo di studi? Con il compimento della maggiore età, in pratica, si concluderebbe il percorso scolastico. L’ipotesi metterebbe d’accordo molti addetti ai lavori. E probabilmente anche diversi politici. Il dibattito diventa ancora più aperto.