Attualità

Cancellare gli esami del primo ciclo è un grave errore

Cancellare gli esami di terza media (preferisco usare questa vecchia e meno burocratica dicitura) significa negare a ragazzi di 13-14 anni, nel pieno delle difficoltà adolescenziali, la possibilità di mettersi in gioco rispetto al frutto del loro impegno di tre anni di scuola. Significa quindi negare una gratificazione per tutti quegli studenti che hanno creduto nella scuola e significa negare uno stimolo all’impegno per tutti, anche per coloro che nella scuola credono molto meno e sono più a rischio di dispersione. Significa negare uno stimolo che, in questo periodo di bulimia telematica e di videogiochi, è uno dei pochi obiettivi che i nostri allievi possono avere.

Le notizie già diffuse da molte settimane, in merito alla promozione assicurata a tutti e ora quella relativa al fatto che non ci sarà un esame, non fanno altro che contribuire a quello stato di abbandono all’inattività e alla depressione che sta mettendo a dura prova la salute fisica e psichica di molti adolescenti; oltretutto costretti a rinunciare all’attività fisica all’aria aperta (LEGGI ANCHE: Coronavirus e attività fisica all’aria aperta: dodici domande in cerca di risposte), che invece nella maggior parte degli altri paesi viene non solo concessa ma anche incentivata coerentemente con le indicazioni dell’OMS.

Una decisione quella di abolire gli esami di terza media peraltro non giustificata, visto che potrebbero tranquillamente consistere nell’esposizione in videoconferenza con i compagni e gli insegnanti, di una mappa concettuale degli argomenti scelti per ogni materia, in un colloquio interdisciplinare che permetterebbe di esercitare capacità logiche di connessione delle conoscenze, esplicitando magari anche ansie e paure sorte in questi giorni di confinamento.

Permetterebbe inoltre lo sviluppo di competenze digitali non limitate all’uso di social network, ma estese all’uso di applicazioni di videoscrittura, di presentazione di diapositive e persino di fogli elettronici per la presentazione di dati.

Non la tesina quindi, che tutti sappiamo risultare poi essere un orribile copia incolla da Internet, quanto piuttosto la costruzione di un pensiero complesso, adeguato all’età, che aiuti ad interpretare, con intelligenza e consapevolezza, le tematiche fondamentali dei nostri tempi, compresa la solidarietà necessaria per affrontare situazioni sanitarie come quella che stiamo vivendo e per affrontare ogni problema di natura globale, che necessariamente richiede una solidarietà globale, primo fra tutti il problema ambientale, che sta producendo un rischio di cambiamento climatico devastante, di cui tanti adolescenti sono già coscienti e in merito al quale forse potrebbero sviluppare un pensiero più articolato razionale e consapevole.

In questi giorni si sente parlare tanto di scuola, ma quasi sempre pensando solo ai bisogni degli adulti (peraltro legittimi) che, dovendo andare a lavorare, hanno bisogno di lasciare i figli da qualche parte.

Ci si dimentica però, come spesso accade, dei bisogni formativi e di salute fisica, psichica e cognitiva dei bambini, degli adolescenti e dei giovani, i quali hanno bisogno della scuola e delle sue prove, che per quanto necessitino di profondi cambiamenti, sono pur sempre un riferimento fondamentale e una risorsa esistenziale preziosa, soprattutto se in presenza di un retroterra socio-economico-culturale complesso.

Non solo gli adulti hanno bisogno di scuola, ma anche, e soprattutto, i bambini e gli adolescenti. E per quanto riguarda i più piccoli forse il disagio derivante dalla mancanza di momenti di gioco con i coetanei non è certo da ignorare, soprattutto se gli ambienti di vita non sono ampi e la famiglia non riesce a supportare tutti i loro bisogni.

Cara Ministra e caro Governo pensateci.

Ridate al più presto la scuola alle persone più giovani che sono il nostro futuro.

Ridate la possibilità di affrontare una prova come l’esame di terza media, che aiuta ad avere una prospettiva e a diventare grandi, e ridate la possibilità di incontrarsi, con tutte le cautele e le misure di sicurezza possibili, magari considerando le lezioni all’aria aperta, ricordando che proprio la vita all’aria aperta è raccomandata dall’OMS.

Claudio Berretta

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