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Cancellare lo studio della Divina Commedia

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La “Divina Commedia” è un testo che incita all’odio razziale e religioso e per questo motivo va cancellata dai programmi di studio di ogni ordine di scuola.
La clamorosa richiesta proviene dall’Arre (Associazione per il rispetto di tutte le religioni e la convivenza pacifica delle etnie culturali) che ha addirittura inoltrato una petizione in tal senso al Ministro dell’ Istruzione Maria Stella Gelmini.
Secondo l’Arre l’opera di Dante è scritta tra l’altro in una lingua non più comprensibile dalle nuove generazioni, ma l’accusa riguarda anche i contenuti: “Quello che si ritiene, a torto, il capolavoro della letteratura italiana contiene centinaia, se non migliaia, di versi che offendono gravemente non poche minoranze di cittadini e legittimano pesanti discriminazioni nei confronti dei diversi”.
Ma su cosa si basa questo incredibile giudizio che sovverte secoli di tradizione culturale e letteraria e mette in discussione le analisi di centinaia di studiosi ?
L’Arre porta esempi concreti.
Nel XXVIII canto dell’Inferno, per esempio, la figura di Maometto verrebbe dileggiata, mentre nel V canto del Paradiso l’Arre legge persino una anticipazione delle legge razziali di epoca fascista (riferendosi agli Ebrei Dante scrive infatti: “Se mala cupidigia altro vi grida,/uomini siate, e non pecore matte,/sì che ‘l Giudeo di voi tra voi non rida!”)
Per non parlare poi dello spirito omofobo presente in diversi passaggi del poema e che troverebbe la sua massima espressione nel XV canto dell’Inferno (“In somma sappi che tutti fur cherci/e litterati grandi e di gran fama, /d’un peccato medesmo al mondo lerci”)
E che dire del discredito morale che Dante getta su non poche città italiane ?
Degli abitanti di Firenze il poeta scriveva: “ingrato popolo maligno/che discese di Fiesole ab antico”, mentre Pisa veniva indicata come “vituperio de le genti” (Dante si augurava anzi che le isole di Capraia e di Gorgona si spostassero fino tappare la foce dell’Arno in modo che tutti i pisani ne morissero annegati).
E così l’Arre ha deciso di consegnare un altro esposto alla Procura della Repubblica di Milano
“per accertare se la declamazione di tali versi in pubblico – scuole o piazze – possa configurare il reato di istigazione a delinquere, aggravato dallo stragismo”.
Insomma anche Roberto Benigni stia attento: alla sua prossima esibizione potrebbe essere prelevato da due carabinieri e portato in caserma per accertamenti e magari processato, come un mafioso o un brigatista.