Nei giorni scorsi, alcune notizie, precedute da titoloni fuorvianti e tendenziosi, ideati ad arte per acquisire “visualizzazioni” e consensi, hanno alimentato la già alta preoccupazione nelle migliaia di docenti della scuola primaria e dell’infanzia in attesa di sapere quale sarà il loro destino.
Inutile ricordare i fatti, ormai noti, come inutile è ricordare che senza il parere dall’Avvocatura di Stato, l’amministrazione che, indipendentemente dall’avvicendamento politico, esiste e deve rispondere della e sulla questione, non muoverà un dito, nonostante il tempo passi e la questione si faccia sempre più grottesca e grave. Il MIUR aveva garantito la conclusione dell’anno scolastico ma questa, apparsa come una rassicurazione, era una scontata certezza, vista la lentezza che caratterizza da un lato l’amministrazione stessa, dall’altro l’ambito giudiziario.
Tuttavia, il problema non è tanto l’anno in corso ma la complessità della vicenda, le enormi disparità tra posizioni molto diverse, in termini di contratti, di prospettive, di condizioni tra persone presenti anche nei medesimi ricorsi. Il peggio, poi, è che su tutto questo ci stanno sguazzando in tanti: chi vincola i docenti a sé con ricorsi inutili, chi inasprisce inesistenti contrapposizioni con diffide al MIUR volte all’applicazione della sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, dimenticando, o facendo finta di dimenticare, che l’iter giudiziario è ancora in corso, chi sbandiera esiti negativi, tra l’altro scontati, con chissà quali scopi, se non quelli di aumentare i numeri della propria testata.
I riflettori, attualmente puntati sulla sgangherata situazione politica, si sono affievoliti sulla vicenda dei docenti diplomati magistrali ma il tempo passa e la soluzione politica che volevamo, per giocare d’anticipo sulla situazione attuale, dopo essere stata osteggiata ora è invocata da tutti. Mancando l’interlocutore politico, tuttavia, l’agognata soluzione sembra allontanarsi, lasciando il campo libero a fantasiose soluzioni che stanno allarmando tutti, come le revoche del superamento dell’anno di prova, la pressione a firmare nuovi contratti e tanto altro.
In questo ginepraio, chi ci rimette sono solo le decine di migliaia di docenti interessati, non altre categorie, come denunciano alcuni faziosamente, perché chi ha avuto qualche miglioramento professionale a seguito dei ricorsi messi a repentaglio dall’attuale orientamento in sede giudiziale, era un precario storico e non ha tolto nulla a nessuno, tanto meno a chi ha superato il concorso del 2016, superato per altro anche da molti diplomati magistrali già di ruolo per effetto delle cautelari, concorso al quale hanno potuto accedere solo con ricorso, in assenza della sentenza della Corte Costituzionale, arrivata solo a dicembre 2017, che ha dichiarato incostituzionale l’esclusione dei docenti di ruolo dal concorso stesso.
Dire che la situazione sia grottesca, oltre che ingarbugliata ed enormemente sfaccettata, è estremamente riduttivo. Da quanto appena riassunto emerge chiaramente che per ogni aspetto della problematica l’unica responsabilità rintracciabile è di ordine politico, anche nell’elaborazione dei messaggi distorti sulla figura dei diplomati magistrali, usati come tappabuchi annualmente e in maniera continuativa per oltre dieci anni, ma definiti inadatti per una qualsiasi progressione in carriera. Val la pena di ricordare che, se non avessimo ottenuto come associazione il riconoscimento del valore abilitante del titolo, anche nel 2012 i diplomati magistrali sarebbero stati esclusi dal concorso, in piena violazione della loro permanente condizione di abilitati per la scuola primaria stabilita a livello normativo.
Quali sono le possibilità adesso, visto questo quadro desolante? Attendere gli sviluppi, senza farsi percepire come deboli e timorosi, non arroganti ma sicuri delle proprie richieste e forti di quanto acquisito e dimostrato, con anni di esperienza e, per chi ha pesino superato l’anno di prova, con l’esito ottenuto. Certo, la recente sentenza dell’Adunanza Plenaria è una forte ipoteca, negarlo sarebbe sconsiderato, ma le contraddizioni emerse non potranno passare sotto silenzio e in questo la nostra associazione, che per prima ha inaugurato questa battaglia e che ha sempre avuto una linea coerente e attenta a dimostrarle, non lascerà nulla di intentato, specialmente in sede politica. Sulla vicenda che coinvolge 50.000 persone, nessuno potrà girarsi ancora dall’altra parte.
Valeria Bruccola – Presidente Nazionale ADIDA