“Ricordate che abbiamo messo mezzo miliardo in più nella legge di stabilità 2016? Bene, il bando scade domani alle 23 (affrettatevi!)”.
A dirlo, attraverso la sua e-news settimanale, la numero 415, è stato il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, riferendosi ai “cantieri nelle scuole”.
Il premier dice che “già adesso abbiamo ricevuto richieste per circa 660 milioni di lavori da fare” ed il segnale che arriva è evidente: “la stabilità delle aule dei nostri figli vale più di tutto. Di nuovo un appello agli enti locali: seguite i bandi, i progetti, le opportunità sull’edilizia scolastica. Perché far ripartire l’Italia dalla scuola non è uno slogan, ma una possibilità concreta”, ha detto il capo del Governo.
Renzi ha ricordato che “sbloccare l’Italia dalla burocrazia, dalle risorse ferme negli angoli del bilancio, della paura degli amministratori e dei dirigenti, dalle incertezze del governo centrale” è “l’obiettivo che ci eravamo dati due anni fa e che continuiamo ad avere in testa”.
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“Uno dei miei impegni fondamentali – ha scritto ancora il presidente del Consiglio – è sempre stato lavorare a un nuovo patto con i comuni. Con i sindaci. Perché se è vero che abbiamo impedito loro – per legge – di alzare le tasse (buttare giù le tasse è stata la cosa più di sinistra che abbiamo fatto, con buona pace dei critici, dagli 80 euro in poi), è anche vero che abbiamo cercato da subito di sbloccare gli investimenti nei comuni. Avendo fatto il sindaco mi ricordo quando mi arrabbiavo per colpa del patto di stupidità, per gli amici patto di stabilità, che magari mi impediva di fare i lavori nelle scuole o ai marciapiedi”.
Molte scuole, tuttavia, ancora oggi stanno in quelle condizioni. Nel senso che lo sblocco dei fondi in cima alla catena non sempre è risolutivo: benché fossero stati stanziati i fondi ed approvate le assegnazioni, la burocrazia continua spesso continua a tenerli bloccati. In attesa di un visto o di una procedura mancante.
Il premier e il suo entourage farebbero bene a dedicarsi anche all’ultimo anello della catena. Che, se non chiuso, rende vano tutto quanto di positivo è stato realizzato prima.
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