Pensionamento e previdenza

Caos pensionamenti, il Miur dà l’ok ma il 18 luglio l’Inps le dice no: era sbagliato il pre-ruolo [INTERVISTA]

A cinquanta giorni dall’inizio dell’anno scolastico, ci sono ancora 4.500 docenti che non sanno se dal 1° settembre saranno pensionati o faranno ancora gli insegnanti almeno per un altro anno: il motivo è legato alla richiesta di pensionamento di anzianità attraverso il riconoscimento, non ancora verificato nel dettaglio, di periodi contributivi relativi al pre-ruolo e della disoccupazione, all’extra-scuola oppure al riscatto della laurea.

È una situazione paradossale, già vissuta nel 2017 ma esplosa nelle ultime settimane. Con tanto di proteste di piazza dei sindacati su pressione di tre tipologie di danneggiati: i pensionandi che attendono risposte certe, i colleghi di ruolo che non hanno potuto attingere a quelle cattedre in occasione della mobilità, i precari che a breve verranno convocati per l’immissione in ruolo, anche loro privati di quei posti. A Roma, dove rischiano di andare in pensione 600 docenti, è stato allestito un presidio da parte dei Confederali.

In piena estate, Miur e Inps si sono palleggiati le responsabilità. Fino a quando, alcuni giorni fa, hanno realizzato un comunicato stampa di ritrovata simbiosi, nel quale sostengono che non c’è alcuna “emergenza e nessun allarme in materia di pensionamento degli insegnanti e del personale della scuola”, illustrando anzi ai rappresentanti dei lavoratori “un quadro aggiornato di dati che segna un miglioramento rispetto al 2017”.

Alla Tecnica della Scuola, però, continuano a giungere e-mail di protesta e indignazione, quasi sempre perché è stato rimandato oltremodo il trattamento delle pratiche pensionistiche. Uffici scolastici e Inps, da canto loro, sostengono che gli organici per lavorare le domande sono ridotti all’osso e a complicare tutto, dall’anno scorso, c’è stato il passaggio di ratifica finale all’ente previdenziale.

Per renderci conto più da vicino di ciò sta accadendo, abbiamo intervistato una docente di scuola superiore a cui solo pochi giorni fa, dopo svariate richieste, è stato negato il pensionamento.

Professoressa, partiamo dalla fine: quando le è stato detto che non sarebbe andata in pensione?

Pochi giorni fa, mercoledì 18 luglio. Esasperata, per non avere avuto ancora nessuna risposta, quel giorno mi sono recata presso la sede Inps di mia appartenenza e mi è stato comunicato che non avevo i requisiti minimi.

Quale motivazione le è stata fornita?

Intanto preciso che allo sportello dell’istituto di previdenza non avevano notizie: mi hanno consigliato di scrivere una e-mail al funzionario Inps che sapevo che si occupava della mia pratica e aspettarne la risposta. Ho fatto così: gli ho scritto e sono rimasta in attesa nell’atrio. Il funzionario mi ha chiamata subito al telefono per dirmi che, a conti fatti, non si ravvisavano i requisiti utili al pensionamento. Visto che ero ancora presente in sede Inps, cortesemente mi ha anche ricevuta e mi ha illustrato nel dettaglio la situazione.

Quindi l’Ufficio scolastico non aveva ravvisato l’anomalia?

Purtroppo sino a quel momento non se ne era accorto nessuno. Nelle mie diverse incursioni o se preferisce “pellegrinaggi” all’Ufficio Scolastico, non solo non ho mai visto la persona che avrebbe dovuto occuparsi della mia pratica, pur seguendo la lettera corrispondente del cognome, ma sono stata rimandata sistematicamente indietro: sempre senza notizie.

Il Miur sostiene che il corrente anno scolastico è stato particolare, con un incremento del 30% delle domande. Forse è dipeso da questo?

Non credo: nel mio caso, già da due anni l’Ufficio scolastico era stato sollecitato dall’Inps per avere la documentazione utile alla lavorazione della mia pratica, senza la quale non avrei raggiunto i requisiti. Questa documentazione è stata fornita all’Inps solo il 6 luglio scorso e per di più sbagliata, per via di un conteggio maggiorato del periodo del pre-ruolo. Motivo per cui, non arrivando alla soglia minima d’accesso di contribuzione, il conteggio degli anni non torna e quindi non posso accedere alla pensione.

Ma prima di presentare la domanda non si era fatta assistere da un sindacalista o da un patronato? 

Certamente. Il sindacato mi ha sempre affiancato in tutto il percorso che mi ha condotto a presentare domanda di pensione: mi ha ripetutamente detto che per avere la certezza assoluta del pensionamento, bisognava però attendere il computo esatto che l’Ust doveva fare e inviare all’Inps. Dopo due anni il computo è stato fatto, ma solo il 27 giugno scorso: fuori tempo massimo e, per giunta, pure sbagliato.

Si è spiegata perché l’ufficio periferico del Miur non si è accorto che le mancavano i requisiti?

Non so come sia potuto accadere: quando due anni fa ho attivato la procedura per arrivare a fare domanda di pensione, sembrava chiara la situazione; certo sempre legata al computo degli anni che doveva essere svolto dall’Ufficio scolastico.

Come si è arrivati al 18 luglio?

Ho presentato la domanda di pensione il 1° dicembre 2017. Dal mese di febbraio ho iniziato ad andare all’Ufficio scolastico. Poi c’è stato il cambio sede. A seguire gli “assalti” di noi docenti alla nuova sede. Il 18 giugno scorso sono stata ricevuta non dal mio referente, ma da un’altra persona che mi ha detto che il mio fascicolo non era stato ancora aperto. Poi ho fatto pressioni a tutti, anche all’Inps perché chiedessero anche loro più insistentemente la lavorazione del mio fascicolo. Il 27 giugno a scuola è arrivato il decreto; poi il 6 luglio all’Inps. Infine, esasperata perché ancora in assenza di notizie, il 18 luglio sono andata io all’Inps.

Ma la colpa non è dell’Inps?

Infatti. Anzi, le dirò: nei due anni di visite agli uffici della sede Inps sono stata sempre ricevuta in maniera gentile e professionale; mi hanno spiegato esaurientemente come doveva procedere la mia pratica. E nell’ultimo periodo, so che hanno insistito molto presso l’Ufficio scolastico per avere la documentazione richiesta.

Quale è ora il suo stato d’animo?

Adesso che ho una risposta e che non posso accedere alla pensione, francamente, sono serena. Non le nascondo, però, che ho trascorso mesi di attesa snervante, i quali si sarebbero potuti evitare lavorando in tempo la mia pratica e dunque evitando anche di produrre domanda di pensione. Oltre che di illudersi.

Cosa si sente di consigliare ad un collega che il prossimo anno intende presentare domanda di pensione anticipata?

Consiglio quello che ho intenzione di fare io: mettere una tenda all’Ufficio Scolastico e non uscire di là fino a risoluzione pratica. Scherzi a parte, farsi seguire dal sindacato o dal patronato di fiducia, farsi preparare conteggi corretti e presidiare l’Ufficio Scolastico fino alla risoluzione della pratica. Da subito e non aspettare il prossimo anno.

Alessandro Giuliani

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