“Tutte le amministrazioni hanno sempre manifestato il più completo disinteresse per la qualità dell’insegnamento”. E inoltre, “la nefasta «liberalizzazione degli accessi» della fine degli anni Sessanta diede l’avvio a una lunga catena di guai. Le scuole, primarie e secondarie, senza difese, subirono i colpi più duri”.
Lo scrive Angelo Panebianco sul Corriere della Sera.
“Il patto di cui parlo venne tacitamente siglato fra la Democrazia Cristiana, allora al potere, e i sindacati della scuola, e coinvolse anche il Partito comunista. Il patto venne sottoscritto con il consenso tacito dell’opinione pubblica (disinteressata e spesso complice quasi tutta la classe colta, gli intellettuali).I termini del patto erano i seguenti: la scuola ha un unico vero scopo , assorbire occupazione . Non importa se gli insegnanti reclutati siano capaci o no, preparati o no. Importa solo che siano tanti (il che significa , inevitabilmente , mal pagati)”.
“E neppure importa – continua Panebianco – che siano condannati a una lunga e umiliante esperienza di precariato. Gli effetti di tutto ciò sulla qualità dell’ insegnamento erano, per i contraenti del patto, irrilevanti. Anche perché l’assenso degli utenti, famiglie e studenti, poteva essere ottenuto grazie al valore legale del titolo di studio. Ciò che conta è il diploma, il pezzo di carta. Non ha importanza che dietro quel pezzo di carta ci sia o no una solida formazione”.
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Quella politica “del patto” ancora oggi, secondo Panebianco, continua: ”Si pensi all’ultima imbarcata di precari: l’importante era assumere docenti. Il fatto che fossero competenti o no era irrilevante. E tanto peggio per il congiuntivo”.
E poi conclude: “Non ci si deve meravigliare se ci sono tanti diplomati e laureati ignoranti. Ciò che invece fa meraviglia (è questo il vero mistero da risolvere) è il fatto che ci siano anche, a dispetto dei santi, molti giovani bravi e preparati, nonché molti docenti bravi e preparati. Sono questi ultimi «i singoli insegnanti appassionati che dedicano, controcorrente, la loro vita agli studenti».
Sulle parole di Panebianco, si è scagliata la Cisl Scuola Lazio: con una nota severa, l’organizzazione sindacale ha fatto notare che da parte dell’accademico editorailista non stata spesa “una parola sulle strutture scolastiche italiane, o sull’incapacità della politica, ormai cronica ed endemica, di raggiungere un’intesa sul nostro sistema scolastico, per dare alla scuola della Repubblica Italiana un’identità condivisa, che la ponga al riparo dalle incursioni a legislature alterne che viviamo da un ventennio a questa parte. No. Il problema è il patto scellerato tra sindacato e politica”.
“E pazienza – continua il sindacato Confederale – se sulla materia i due presunti sodali non fanno altro che litigare, come testimoniano le piazze continuamente piene di docenti, in occasioni delle pessime riforme proposte da tutti gli schieramenti politici. Nonostante queste evidenze, che tali non sono per Panebianco, il patto c’è, indiscutibile come il dogma dell’infallibilità papale”.
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