Nella giornata di lunedì, 15 maggio, Enrico Panini (Cgil Scuola) ha preannunciato quale sarà la posizione del suo sindacato: "Coerentemente con quanto affermato in tutti questi anni chiederemo l’istituzione di una quinta area della dirigenza (la dirigenza scolastica) nell’ambito del comparto scuola. Ciò comporterà, se la nostra tesi verrà accolta: uno specifico e separato atto di indirizzo per la definizione del primo contratto dei dirigenti scolastici, uno specifico e separato finanziamento, uno specifico e separato contratto, la presenza alla trattativa delle sole organizzazioni sindacali che avranno la percentuale di rappresentatività fra i dirigenti scolastici prevista dalle norme di legge in materia".
L’Anp, al contrario, sostiene la necessità di una collocazione fuori del comparto scuola; "stare nel comparto scuola – sostengono infatti i presidi dell’Anp – significherebbe continuare ad accettare sia la penalizzazione economica della categoria, sia il pesante condizionamento dell’autonomia professionale dei dirigenti".
Le prese di posizione che arrivano dalla periferia sembrano in questo momento dare ragione alle tesi dell’Anp: in molte province direttori e presidi stanno continuando a sottoscrivere documenti in cui chiedono un contratto specifico e autonomo rispetto a quello del comparto scuola.
E, trattandosi spesso di province in cui i sindacati confederali vantano posizioni di primo piano, la cosa non resterà certamente senza conseguenze.
A Torino, per esempio, l’Andis (associazione di cui fanno parte direttori didattici iscritti anche ai sindacati confederali) ha richiesto con fermezza la collocazione fuori dall’area.
A poche ore dall’apertura del tavolo delle trattative le posizioni sindacali sembrano dunque ancora distanti fra di loro.
Nella giornata di domani, comunque, il nodo potrebbe essere sciolto: la riunione convocata presso l’Aran ha appunto lo scopo di definire le modalità con cui si dovrà svolgere la trattativa vera e propria.
Non è neppure da escludere che venga presa in seria considerazione la proposta dei capi di istituto della provincia di Ferrara i quali chiedono che il problema venga sottoposto a referendum all’interno della categoria.