Attualità

Carcere fino a due anni per i genitori che non mandano i figli a scuola: sulla dispersione scolastica il Governo Meloni fa sul serio

Visto che le sanzioni pecuniarie non sono sufficienti per convincere i genitori fare frequentare la scuola i loro figli in obbligo formativo (fino a 16 anni di età), il Governo Meloni contro la dispersione scolastica ha deciso di utilizzare la “mano pesante”: come abbiamo già anticipato, nel pacchetto sicurezza dell’Esecutivo l’attuale sanzione massimale per le famiglie –  pari ad una semplice multa da 30 euro – verrà inasprita. Ora, apprendiamo che il passaggio al grado successivo è a dir poco ampio, perché si può arrivare “fino a due anni di carcere”.

Una decisione, quella del nostro esecutivo, che sembra anche volere inviare una risposta forte all’Unione europea, dopo che questa attraverso i fondi del Pnrr ha garantito all’Italia oltre 15 miliardi solo per la scuola, chiedendo anche spiegazioni per quel 13% di abbandoni precoci dei banchi che si verificano in media nel nostro Paese, contro il 10% medio di tutti i membri Ue.

Per non andare a scuola serve un “giusto motivo”

La “stretta” è contenuta nella bozza del decreto legge di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, su cui il Consiglio dei ministri del 6 settembre si appresta a dare il suo consenso.

Se il provvedimento diventasse legge, verrebbe quindi abrogato l’articolo del codice penale che prevede una multa di 30 euro e aggiunge un nuovo articolo che punisce fino a due anni di carcere: ad essere oggetto è chiunque, sia “rivestito di autorità o incaricato della vigilanza sopra un minore”, che “omette, senza giusto motivo, d’impartirgli o di fargli impartire l’istruzione obbligatoria”.

Cucchi (Verdi-Si): non serve inasprire le pene

Secondo la senatrice dell’Alleanza Verdi e Sinistra Ilaria Cucchi, “invece dell’inasprimento delle pene, servono scuola, serie politiche educative di prevenzione e un reale e costante presidio del territorio, non solo delle forze di polizia, per permettere un monitoraggio e un sostegno alle famiglie”.

Alessandro Giuliani

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