Non ci sarà alcuna cancellazione della Carta del docente da 500 euro annui: l’agenzia Ansa ha appreso da fonti di Governo, al termine del Consiglio dei ministri del 28 ottobre, che la norma nella bozza della Legge di Bilancio entrata in Cdm con cui si sarebbe cambiata la connotazione della Card annuale dal prossimo 1° settembre, “è stata stralciata”.
La decisione presa dal Governo Draghi non sorprende: immediatamente dopo la diffusione del poco decifrabile articolo 102 della bozza della Legge di Bilancio, La Tecnica della Scuola ha definito il testo “ampiamente provvisorio”, in particolare proprio l’articolo 102 (Valorizzazione della professionalità dei docenti) è stato da noi considerato come “il più complesso da decifrare”, con la previsione che sarebbe stato “anche quello più discusso quando la legge arriverà in Parlamento”.
Detto e fatto, perché la discussione è durata davvero poco: solo qualche ora. Perché il coro crescente di proteste tra i diretti interessati, circa 650mila insegnanti di ruolo, e le lamentele provenienti da diversi parlamentari anche dei partiti di Governo, hanno costretto lo stesso esecutivo Draghi a rivedere la posizione iniziale.
Anche perché, francamente, la cancellazione dei commi 121, 122 e 123 dell’articolo 1 della Legge 107/2015 non poteva avvenire in questo modo: Pd e Italia Viva avevano a suo tempo investito tantissimo in quel provvedimento, che avrebbe consentito e tutto il corpo docente di ruolo di aggiornarsi, (come poi è stato in vario modo), e accedere a strumentazioni tecnologiche utili alla professione.
Il M5s non ha mai messo in dubbio l’utilità della card. E anche altri partiti, pure dell’opposizione, non si sono mai espressi contro la carta del docente. Semmai, in molti hanno chiesto l’estensione pure ai supplenti annuali. Una richiesta ancora più sacrosanta se pensiamo a cosa è accaduto nell’ultimo anno e mezzo con i tanti precari costretti a fare la DaD a proprie spese.
Ancora di più perché, almeno nei confronti “in chiaro”, nessun accenno è stato mai fatto alla cancellazione del bonus annuale. Qualche sindacato, a dire il vero, ha auspicato che venisse inglobato nello stipendio: un passaggio che, però, per il personale avrebbe significato la perdita di un 30-40% del budget, per via degli oneri fiscali e previdenziali.
Ma non c’è solo la possibilità di ritrovarsi a gestire 300 euro anziché 500 euro dietro al forte diniego all’articolo 102 della bozza della Legge di Bilancio: nello stesso articolo, infatti, era previsto l’allargamento della carta anche al personale a tempo determinato, senza però fare cenno alcuno a finanziamenti aggiuntivi. Con conseguente inevitabile riduzione ulteriore della somma annuale da destinare ad ogni docente.
E il riferimento, sempre nell’articolo 102, all’assegnazione dei fondi anche sulla base della “dedizione nell’insegnamento”, ha fatto pensare a più di qualcuno che parte dell’assegnazione della somma (altro taglio!), non sarebbe stata automatica, ma legata al merito.
A rendere ancora più difficile l’approvazione del provvedimento, stralciato in tempo record, è stato anche l’infelice accostamento della somma con l’aumento stipendiale, in vista del rinnovo del contratto e della scarsità di risorse disposizione.
“Stanno facendo il gioco delle tre carte, per poi poter dire che i docenti hanno avuto aumenti a tre cifre”, ci ha detto uno dei tanti parlamentari sorpresi e irritati. Poi lo stesso ha aggiunto convinto: “non si possono far spacciare gli aumenti di stipendio con i soldi già dei docenti”. Forse, non aveva tutti i torti.
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