Le chiamano soft skills, per distinguerle da hard skills, cioè dalle competenze specifiche, tecniche, specialistiche.
Le soft skills, invece, riguardano gli aspetti personali in rapporto a quelli contestuali. E sono le competenze richieste anzitutto, cioè prima ancora di entrare nel merito della propria professionalità specialistica.
Lentamente, ma a fatica, cominciano ad entrare anche nella scuola. Pensiamo alla tanto discussa “chiamata” dei docenti come agli incarichi triennali dei presidi. Diversamente da alcune critiche, questa nuova modalità cerca di valorizzare il valore, la dignità, la passione, la sensibilità della nostra professionalità. Se ci fossero delle scorrettezze (cioè la logica degli “amici degli amici”), giuste le visite ispettive, con la certezza del diritto e della pena.
Perché è una svolta positiva?
Del resto, che cosa chiedono i nostri ragazzi, ai propri docenti? Al di là della (dovrebbe essere) scontata preparazione sulla disciplina insegnata, chiedono coinvolgimento, passione, sensibilità maieutica. Il vero valore aggiunto.
Ma la cosa non vale solo per i presidi e per i docenti, ma anche per gli studenti. Se non fosse così, sarebbe difficile distinguere tra valutazione sommativa e valutazione formativa.
Una scuola, dunque, è chiamata a pretendere dai presidi, dai docenti, da tutto il personale, e a garantire ai propri studenti, oltre ad una scontata buona preparazione di base, articolata secondo gli indirizzi di studio, proprio queste soft skills, cioè abilità e competenze soft, legate non all’esecuzione di compiti codificati o specifici, quanto all’approccio, all’atteggiamento, alla impostazione di compiti e attività che le più diverse situazioni di vita e di lavoro propongono:
● flessibilità, la capacità di aprire la mente per cogliere le opportunità e trasformare i problemi in risorse
● capacità decisionale, di scegliere e di rispondere anche con rapidità agli stimoli positivi e negativi
● creatività, la capacità di utilizzare il pensiero divergente, assumere punti di vista non scontati, pensare a soluzioni alternative
● capacità di “fare rete”, di tessere relazioni su piani diversi, di mettersi in gioco entro processi sinergici
● capacità di organizzazione, di gestire in modo razionale, consapevole, “progettato” e programmato il proprio tempo, le proprie risorse, la soluzione delle proprie criticità, la risposta ai propri bisogni
● capacità di lavorare in gruppo, di collaborare in vista di un obiettivo comune, di riconoscere il valore dell’altro, di assumere il proprio ruolo e rispettare quello degli altri, di gestire il contrasto e il conflitto, di creare innovazione attraverso lo scambio del know how.
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