È duro il giudizio sulla riforma da parte di Azione Civile, il raggruppamento creato dall’ex magistrato antimafia Antonio Ingroia, soprattutto per le conseguenze della ‘chiamata diretta’.
La contrarietà per la “buona scuola”, divenuta nel frattempo legge dello Stato, è stata espressa attraverso una lettera aperta ai presidenti di Regione. “La libertà di insegnamento, garantita dall’art. 33 della Costituzione – scrive l’Area Scuola di Azione Civile – viene messa in grave pericolo, specialmente in alcune regioni dove questa particolare situazione di “libero arbitrio” del dirigente scolastico potrebbe risultare deleteria a causa di interventi esterni e coercitivi che, purtroppo, non c’è bisogno di elencare perché risaputi. In questo modo, infatti, una parte meno sana della società potrebbe influenzare, attraverso “assunzioni imposte” al dirigente, perfino il POF degli istituti scolastici e la stessa libertà di pensiero degli studenti”.
Ad Azione Civile non piace proprio la facoltà, che dà la Legge 107/15 al preside, “di scegliere i docenti secondo un suo criterio, assegnando incarichi triennali che potrebbero anche riguardare classi di concorso “affini” e non quella per cui il docente ha studiato e si è abilitato al titolo valido per l’insegnamento. Ció comporterebbe, di fatto, un forte scadimento della qualitá dell’insegnamento e di tutta l’offerta formativa della scuola italiana. Questo tipo di potere, soggettivo e non oggettivo, del dirigente scolastico potrebbe venire a ledere i diritti costituzionali di uguaglianza, di diritto al lavoro e di diritto di imparzialità nella scelta di assegnazione dei compiti”.
Il giudizio negativo sulla riforma è però a trecentosessanta gradi. “La Riforma della scuola del governo Renzi, presenta chiari indizi di incostituzionalità e noi Le chiediamo di sostenere e appoggiare tutte le eventuali mozioni che impegnano la sua Giunta a sollevare la questione di legittimità presso la Corte Costituzionale. Iniziative giá in atto in alcune Regioni italiane”, sostiene il raggruppamento di Ingroia.
Non piace, poi, nemmeno che la Legge 107/2015 obblighi “gli alunni all’alternanza scuola-lavoro: in questo si atteggia a censura del diritto allo studio in quanto “obbligo” e non più volontarietà dello studente che verrà, nella sostanza, costretto a lavorare gratis nelle aziende”.
“Inoltre, questo DDL, che parla di autonomia, lega strettamente il destino delle scuole all’attrazione di risorse esterne che le imprese dovrebbero investire negli istituti scolastici, ma bisogna tenere conto che alcuni territori non hanno quasi nulla da offrire riguardo a fattori economici, mentre altri hanno molto da offrire sotto una qualunque cifra di illegalità. In tale situazione si violerebbero, per scuole e studenti, i principi fondativi di uno Stato sociale garantito dagli artt. 2,3,33,41 della Costituzione italiana”.
Per ultimo, ma molto importante, vorremmo porre la questione sul fatto che tutti i docenti nuovi assunti sono costretti a indicare nella loro richiesta tutte le province italiane, la situazione diventerà paradossale a causa del fatto che in tanti saranno posti davanti alla scelta tra famiglia e lavoro a causa di una ingiusta “deportazione” da regione a regione che si preannuncia massiccia e senza regole logiche. Anche i docenti in ruolo da tanti anni ridiventeranno “precari”, qualora risultassero in esubero a causa dell’accorpamento delle classi di concorso che saranno ridotte da 168 a 114, perché costretti anch’essi ad una mobilità “forzata” con l’aggravante del disagio dovuto, in tanti casi, all’età più matura”.
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Azione Civile ne ha anche per il giudizio sui prof, che attraverso la riforma diventerà prassi: “dovrebbe avvenire da parte di un comitato in cui saranno presenti anche gli studenti, è vergognosamente incredibile perfino parlarne, perché i docenti non hanno problemi ad accettare una valutazione oggettiva, ma risulta ingiurioso e paradossale per tutta la categoria essere valutati dai loro stessi alunni, ai quali hanno assegnato una valutazione ufficiale. I risultati di questo potere degli studenti sui loro insegnanti potrebbero essere ridicolmente prevedibili”.
In conclusione, per il raggruppamento politico, “Signor Presidente la Legge 107/2015 è discriminante soprattutto contro le centinaia di migliaia di donne che hanno scelto l’insegnamento per una loro particolare predisposizione al concetto educativo di una crescita culturale dei loro figli e di tutti i giovani italiani. Le docenti italiane sono tante e tante di loro hanno una famiglia da amare e degli alunni da condurre sulla strada della conoscenza. Le docenti donne non vogliono arrendersi ad una riforma ingiusta che potrebbe allontanarle dai loro affetti e vogliono continuare a fare il loro dovere di insegnanti con forza e con coraggio anche in situazioni difficili ma con serenità. Le docenti e i docenti italiani hanno bisogno del Suo aiuto”, conclude l’appello. Quindi, tirando per la “giacca” i Governatori: per cercare così di convincerli a prendere posizione contro una riforma che piace a davvero pochi italiani.
Alcuni presidenti delle Regioni si sono già mossi, ponendo dubbi di costituzionalità alla apposita Corte, altri però è difficile che lo faranno: il colore politico, a certi livelli, conta più dei contenuti di una riforma. In ogni caso, per decidere ci sono non più di quattro settimane di tempo.
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