I recenti fatti di cronaca hanno portato alla ribalta sedicenti esperti di scuola e di educazione i quali ci hanno propinato tutti la stessa identica soluzione: bisogna ripartire dalla scuola.
E un insegnante potrebbe anche pensare: finalmente la scuola viene rimessa al centro e considerata nella sua importanza per la società. Se non fosse che ben presto siam costretti ad accorgerci che per questi illuminati la scuola è solo una bella parola da usare quando non si ha nulla da proporre. Per loro è sufficiente pronunciare la parola magica per sentirsi a posto.
Ogni volta che emerge un problema, ecco la soluzione: fare qualcosa nelle scuole, in genere una qualche sensibilizzazione terminata la quale il problema in questione si dovrebbe magicamente estinguere. E così la scuola è diventata un enorme contenitore di cose da fare e di attività, nel quale alla fine risulta sempre più faticoso fare l’unica cosa che la scuola dovrebbe fare, e cioè insegnare, con il risultato di essere sempre più lontana da ciò che dovrebbe essere.
La cronaca riporta un episodio di bullismo? Sensibilizzazione nelle scuole! Episodi di violenza sessuale o di droga? Sensibilizzazione nelle scuole! E via con le sensibilizzazioni per tutti i gusti alla presenza di esperti di ogni tipo che arrivano, fanno il loro incontro, e se ne vanno. Ma in quale modo il problema dovrebbe scomparire facendo qualcosa a scuola, nessuno lo spiega. Il tutto, poi, a discapito del normale corso delle lezioni, costrette continuamente ad interrompersi per lasciare spazio a queste sensibilizzazioni a laqualunque.
Io credo però che proprio questa considerazione della scuola-scatolone e questo continuo aggiungere cose al suo interno a detrimento del vero lavoro scolastico siano il segno più evidente della crisi della scuola e della società in generale: non si sa più cos’è la scuola. E siccome non si comprende più il suo valore, si crede di poterla migliorare con proposte di ogni genere.
Ma davvero si pensa che un ragazzo possa cambiare abitudini, modo di pensare, di vivere e di stare nel mondo partecipando ad un “incontro di sensibilizzazione” tenuto da sconosciuti mai visti prima e che mai più vedrà dopo? E soprattutto, alla prova dei fatti, ora che nella scuola è entrato di tutto con l’idea che la scuola non bastasse da sola ad educare insegnando, senza l’aiuto di queste artificiose stampelle, la situazione è migliorata? Non direi. Io vedo al contrario un costante peggioramento della società ed un sistema scolastico potentemente svalutato.
A conti fatti, è servito quello che è stato fatto? Basterebbe porsi questa semplice domanda utilitaristica per rendersi conto che la strada intrapresa non ha contribuito in nulla a migliorare ciò che si voleva migliorare. Ha però contribuito moltissimo al peggioramento della scuola, continuamente costretta ad interrompere le proprie attività per lasciare spazio a tutte queste novità che non hanno risolto nulla. Nella scuola entra ormai qualunque cosa, come se la salvezza potesse arrivare dal chi più ne ha più ne metta, come se la quantità fosse anche segno di maggiore qualità.
Mi chiedo se il problema non stia precisamente qui: che alla scuola non si lascia più il tempo di fare la scuola, ovvero di insegnare e di educare attraverso l’insegnamento e il lavoro quotidiano. E se il generale imbarbarimento fosse legato proprio al fatto che continuamente vengano tolti agli insegnanti e agli studenti il tempo e il modo di svolgere il loro lavoro con continuità, serietà e attenzione? I cambiamenti veri, quelli stabili, avvengono nel tempo, facendo bene le cose che ci sono da fare, ed affrontando quotidianamente il proprio lavoro con serietà, costanza, impegno, fatica.
Come si impara ad essere meno superficiali? Ascoltando uno che arriva e ti tiene una lezione sul tema oppure, giorno dopo giorno, seguendo un maestro che ti aiuta a entrare nella realtà della vita con maggiore profondità e con la serietà dovuta, imparandolo nel rapporto con chi ce lo insegna quotidianamente, vivendolo? A mio giudizio è necessario un ribaltamento, e rendersi conto che la soluzione potrebbe stare proprio nella normalità scolastica continuamente sacrificata sull’altare della sensibilizzazione. Fare bene quello che la scuola propone con i suoi programmi, insomma. Perché la scuola, attraverso l’insegnamento ben fatto, non solo istruisce ma anche educa, formando persone capaci di affrontare la vita perché l’hanno imparato negli anni.
La situazione potrà allora cambiare non facendo entrare sempre più cose nella scuola, ma al contrario eliminando tutto ciò che ostacola il suo lavoro. Non una continua aggiunta, quindi, ma una totale sottrazione! Lasciate stare la scuola, per favore. Volete aiutare i ragazzi a crescere? Lasciateli lavorare in santa pace con i loro insegnanti, pretendendo da entrambi la massima serietà. E se si lasciasse alla scuola il compito di fare la scuola, e basta? Solo così “Bisogna ripartire dalla scuola” sarebbe davvero la risposta giusta.
Marco Radaelli
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