Care ragazze e cari ragazzi, vi scrivo questa lettera aperta perché ho ancora negli occhi le immagini, offerteci generosamente e in gran quantità da tutte le televisioni nella giornata di ieri, di spensieratezza, di allegria, di gioia di vivere e di divertirsi, delle migliaia e migliaia di giovani che nelle serate di venerdì, sabato e domenica scorsi hanno affollato i quartieri e le vie della cosiddetta “movida” notturna, tanto nel Nord infestato dal virus, quanto nella nostra città, Capitale di un’Italia alle prese con il più gigantesco problema mai capitato dalla fine della seconda guerra mondiale.
Dalle parole pronunciate da vari ragazzi intervistati, è emersa una quasi completa e pericolosa sottovalutazione del pericolo rappresentato, per il nostro Paese e per il mondo, dall’estendersi esponenziale del morbo. I
noltre, pur conoscendo, gli stessi ragazzi, le norme di comportamento indicate nei vari provvedimenti governativi (tenersi a debita distanza, non scambiarsi effusioni, non usare promiscuamente bicchieri e bottiglie, lavarsi frequentemente le mani, ecc.), l’opinione prevalentemente espressa sulle medesime sembra essere questa: “un’esagerazione …” con l’aggiunta, da parte di qualcuno, di “… non ci riguarda, essendo noi giovani praticamente immuni; in quanto, si sa, se il pericolo c’è, è solo per gli anziani”.
Di fronte a simili affermazioni, che denotano un’incoscienza e una spavalderia fuori luogo e del tutto ingiustificata, voi, care ragazze e ragazzi, che rappresentate la gioventù studiosa e dedita ogni giorno ad accrescere la propria cultura, il proprio sapere e le proprie competenze, in vista dei ruoli e delle responsabilità che dovrete assumervi nella futura società (un futuro non molto lontano, in verità), spero vivamente sappiate reagire, a questa deriva di irresponsabilità, con serietà e determinazione.
Coloro che esprimono quelle sciagurate opinioni, infatti, dovrebbero sapere:
- che il virus contagia anche i giovani e perfino i neonati, e che da questi può essere trasmesso agli adulti e agli anziani, a partire dai parenti più prossimi;
- che sono proprio questi adulti e anziani la fonte di sostentamento tanto dei loro studi, quanto dei loro legittimi e naturali svaghi;
- che il progredire dei contagi e dei conseguenti ricoveri va ad appesantire il già fragile sistema sanitario nazionale, gravando terribilmente sul quotidiano ed eroico lavoro che stanno svolgendo migliaia di valorosi medici, infermieri, personale ausiliario, ma anche forze dell’ordine, esercito, autorità amministrative, tutti impegnati in un’emergenza senza precedenti;
- che questa epidemia sta provocando effetti sull’economia nazionale e sulla tenuta dei suoi conti cosiddetti “macroeconomici”.
E’ in gioco, care ragazze e cari ragazzi, il vostro stesso futuro, e le possibilità e le opportunità che questo futuro vi riserverà.
Di conseguenza, miei cari studenti, sento il dovere di richiamarvi ad una parola che forse risuonerà banale, oppure patetica, oppure riservata agli adulti, ma che in questo momento acquista un significato del tutto straordinario, fondamentale ed impegnativo, nell’immediato e nei prossimi giorni, settimane, mesi. La parola è “Responsabilità”, quella responsabilità che può nascere, a volte, dalla paura (non sempre la paura è un cattivo sentimento, quando costituisce la spinta per una presa di coscienza), ma che solo nella ragione e attraverso la ragione acquista tutto il suo pregnante significato.
E’ questa Responsabilità che – come afferma il filosofo Hans Jonas – ci spinge a riconoscere la razionalità e l’urgenza del nuovo imperativo categorico, l’unico valido per i tempi odierni: “Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra” (Cit. dall’opera Il principio responsabilità).
E’ questa Responsabilità che coincide con la disponibilità a favorire, mediante l’azione, il “sì alla vita”; ed è sempre la medesima Responsabilità che ci induce alla Cura per un altro e per qualsiasi essere in stato di difficoltà, trasformandosi in Apprensione nel caso in cui venga minacciata la vulnerabilità di quell’essere.
Per concludere, care ragazze e cari ragazzi, spero vivamente che, in queste giornate di forzata rinuncia alla condivisione e alla convivenza con gli altri vostri coetanei che si realizza nelle scuole, non perdiate di vista i fondamentali valori che informano l’esistenza della stessa scuola e, attraverso e grazie ad essa, dell’intera società.
Valori che voi ben conoscete nella loro universalità e necessità, valori che tutti ruotano e tutti si fondano sul più importante ed essenziale tra essi: il diritto alla vita e alla sua prosecuzione e al suo continuo miglioramento.
Un carissimo saluto e un arrivederci a presto, con la certezza che, grazie anche al vostro contributo, questo incubo prima o poi finirà.
Francesco Sirleto