Cari ragazze/ii, questa non è una lettera aperta, è una riflessione con invito che proporrò nel gruppo delle mie classi e in quello dei colleghi.
Nasce da quel modo di combinare le informazioni che ha il cervello umano, in genere sminuzza le informazioni come fossero pezzi di un puzzle e poi in qualche modo ricombina.
Ma quali cose si sono scombinate e ricombinate? La lettera della collega Scaraia che ha fatto detonare una bomba emozionale a scoppio ritardato, le belle considerazioni delle alunne Emily Pascucciello e Anna Pizzolla sugli effetti sociali del covid-19 e le interviste che si ascoltano in televisione in cui, timidamente prima e più apertamente dopo, si sente dire di “essere in tempo di guerra”.
Una combinazione lineare notturna di queste cose e il pensare che la generazione dei “nonni” di 80-90 anni c’è ancora mi fa pensare che la vita ci sta dando un’occasione unica: quella di poter confrontare la situazione di limitazione della libertà personale di oggi con quella dei tempi di guerra, e chi può raccontarcela meglio dei nostri nonni? Probabilmente un conto è studiare sul libro di storia o su quello di diritto il concetto di libertà e un conto è farsi raccontare i fatti dai nonni.
I fatti dei nonni hanno questo di bello, raccontano cose che sui libri di storia non saranno mai scritte, che solo loro possono raccontarci, sono il microscopio della storia; io ricordo ancora i racconti di mio nonno (macchinista FS) quando mi parlava dei treni reali affidati solo a lui e di quando dopo la guerra gli capitò di montare l’impianto di torrefazione nel bar dove il bandito Giuliano morì in una sparatoria con le forze dell’ordine il tutto accompagnato da una straordinaria ed efficace mimica e gestualità.
Ecco! Capite cosa voglio dire parlando dei fatti dei nonni? Esattamente questi racconti e sono convinto che ogni nonno ha dei fatti da raccontare. Ripristiniamo l’arte di tramandare fatti e ricordi orali scrivendoli, sarà un motivo ancora più forte, oltre quelli affettivi, per ricordarli meglio quando…
Allora intervistiamo i nostri nonni o comunque le persone di quella generazione che vivono con noi, qualunque persona di nostra conoscenza che ha vissuto quei periodi, parenti, vicini di casa e facciamoci raccontare come si viveva all’epoca, se c’erano i supermercati aperti e si faceva la coda distanziati di un metro e si potevano comprare alimenti a piacere, se c’era l’IBAN per donare soldi allo stato, se le grandi comunicazioni le facevano su FB, Twitter o chissà quale altro social si usava. Confrontiamo le paure di oggi con quelle di ieri, vediamo se nelle situazioni di emergenza i motivi per avere paura sono gli stessi di quelli di ieri, confrontiamo le paure, chiediamo se alla loro epoca si faceva il confronto con la Grande Guerra!!
Ragazze/i provate a scrivere i vostri racconti su questo, anche questa è fare scuola fuori dagli schemi dell’aula, mandateli ai vostri Consigli di classe per dire “noi siamo anche questo, non sono i vostri alunni che le mandano ma le persone che vengono nelle vostre classi”!
Giuseppe Panebianco
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