La ricordiamo danzare con Rudolf Nureyev, il grande ballerino russo, nella “Bella Addormentata Nel Bosco” di Čajkovskij alla Scala del 1978 ed era uno spettacolo nello spettacolo: leggera e diafana volteggiare sul teatro fra le struggenti note di una delle opere più belle mai scritte.
Ma la ricordiamo anche parlare della Danza Classica come arte, morbidezza, passione, eleganza, ma anche disciplina, impegno, rigore, precisione, perché richiede una esecuzione perfetta da condividere col partner attraverso le note.
La danza come arte sublime e Carla Fracci seppe trasmettere questo messaggio al vasto pubblico che la seguiva e grazie a lei, alla sua modestia e alla sua eccezionale bravura, quella che per anni era stata forse poco frequentata tra le arti raggiunse vastissime platee.
Si era esibita pure con stelle come Vladimir Vasiliev, Henning Kronstam e soprattutto con il danese Erik Bruhn con il quale rappresentò “Giselle”, da Théophile Gautier e musicata da Adolphe-Charles Adam; nel 1969 di Giselle venne pure realizzato un film.
La sua notorietà artistica rimane prevalentemente legata tuttavia alle interpretazioni dei ruoli romantici come Giulietta, Swanilda, Francesca da Rimini, o Giselle appunto.
Ma non solo danza e non solo dirigente del corpo di ballo del Teatro San Carlo di Napoli, nel 1981 è anche attrice, perché interpreta il ruolo di Giuseppina Strepponi, la moglie di Giuseppe Verdi, nello sceneggiato Rai sulla vita del grande compositore.
Donna d’arte e artista raffinata e versatile, nel 1994 diviene membro dell’Accademia di Belle Arti di Brera e poi presidentessa dell’associazione ambientalista “Altritalia Ambiente”, mentre passa pure a dirigere il corpo di ballo dell’Arena di Verona. Attività così importanti e di rilievo per il suo Paese natale che nel 2003 le viene conferita l’onorificenza italiana Cavaliere di Gran Croce e poi pure Ambasciatrice di buona volontà della Fao.
Era nata a Milano nel 1936 a Milano e alla scuola di ballo della Scala si formò, divenendone presto l Étoile. E Eugenio Montale non mancò di dedicarle una poesia: “La danzatrice stanca”.
Sul valore dell’insegnamento e della scuola ebbe a dire: Nell’insegnamento occorre essere particolarmente presente per anticipare, capire, ascoltare i problemi. Non bisogna lasciarsi andare ma rispettare l’ordine, l’autorità, le regole.
Con la sua scomparsa viene a mancare in Italia non solo una stella di prima grandezza, una artista appassionata e versatile, ma anche una donna disponibile, semplice, modesta e un esempio per tanti giovani, oggi più attratti dai rumori del nostro tempo, che dalla composta melodia della musica e dalle movenze del corpo rappresentato dalla danza che conta per la sua capacità di interpretare quel presente di cui gode lo spettatore e di renderlo concreto ed evidente.
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