Domani, com’è noto, è l’8 marzo, data in cui ricorre la Giornata Internazionale dei diritti della Donna. In occasione di ciò l’attivista e influencer Carlotta Vagnoli, ha rilasciato un’intervista a La Repubblica per parlare di educazione di genere, tema per cui si batte da tempo che crede debba sbarcare nella scuola dell’obbligo.
Dal 2017 la Vagnoli fa lezione in medie e superiori sulla stereotipizzazione e la violenza sulle donne, per contrastare i tristi fenomeni legati, spesso, a femminicidi e a violenze di genere fin da quando i più giovani sono tra i banchi. Il motivo? “A quella età si radicalizza il linguaggio sessista, la possessività dei rapporti, la fruizione passiva della pornografia. Per un’ora e mezzo parlo e per un’altra ora e mezzo li ascolto. Non avendo riferimenti all’interno delle scuole su questi temi hanno voglia di condividere, di essere ascoltati. Ma bisognerebbe iniziare molto prima”, ha detto la Vagnoli.
Quest’ultima crede che bisognerebbe agire in questo senso già dalla scuola dell’infanzia: “Alla scuola dell’infanzia e alla primaria con l’educazione al consenso nelle azioni più semplici, nelle relazioni, nel gioco, partendo dal loro corpo e attraverso facili attività propedeutiche”.
Secondo Vagnoli l’educazione di genere dovrebbe diventare un progetto strutturale nelle scuole, non un’attività effimera e una tantum: “Dovrebbe, anzi deve, essere prevista dal piano dell’offerta formativa a livello nazionale. Uno spazio sicuro dove insegnare l’educazione al consenso, al rispetto, alle relazioni, alla violenza deve diventare materia fissa nelle scuole. Così non è. E siamo ancora lontani. Ho incontrato reticenza da parte di genitori, insegnanti, presidi a trattare argomenti considerati scomodi e divisivi. Ma come può essere divisiva la violenza di genere?”.
A quanto pare per molti questo tema è un tabù, o comunque qualcosa che non dovrebbe essere trattato a scuola. Ma per Vagnoli l’educazione che si riceve dai genitori a casa non basta: “È incomprendibile la grande paura di affrontare a scuola tematiche che sono in realtà di ordine collettivo e che riguardano diritti civili e di pacifica convivenza. Vengono usate come temi politici, di battaglia ideologica, invece che come materia di prevenzione sociale. Alimentando paure e lasciando l’insegnamento solo nelle case non arriveremo mai a sdoganare certi temi essendo tutti cresciuti in una società patriarcale omolesbobitransfobica con un problema gigante con le donne. L’unico modo è farlo attraverso la cultura e la cultura si insegna a scuola”, ha concluso.
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