Competente, concreta, capace di visione. L’hanno subito compreso chi non la conosceva, soprattutto i nuovi presidi, nelle conferenze di servizio che ha tenuto, provincia dopo provincia, nelle scorse settimane.
Parlo di Carmela Palumbo, responsabile per anni degli Ordinamenti al Miur e appena tornata a casa, alla direzione della scuola veneta.
Ha voluto subito dire, appena insediata a Venezia, “io ci sono”, dopo mesi nei quali i presidi e le scuole erano stati lasciati senza punti di riferimento. Perché, giusto per ricordarlo, non bastano le dichiarazioni, le norme a singhiozzo. Chi è in prima linea ha bisogno di quotidiano confronto e linee guida operative che dicano la realtà.
Una logica circolare e sussidiaria, per dirla in breve. Nella quale ognuno si possa assumere le proprie responsabilità, ma senza fermarsi alle solite dichiarazioni di principio o alle belle intenzioni. Inutile dire che in Veneto il suo ritorno è stato salutato da tutti come il sole del mattino.
Resta la domanda di come la ministra Azzolina si sia lasciata sfuggire una persona capace come la dott.ssa Palumbo. Una risposta, forse, di questa scelta di tornare a casa, a Venezia, ce la offre la stessa Palumbo, in una lunga intervista concessa ieri ad una emittente di Treviso, Antenna Tre.
La scuola vista dal Miur, questa la sostanza delle sue parole, non riesce a cogliere in concreto le specificità, i punti di forza e le reali criticità delle scuole italiane.Le quali, ovviamente, non si lasciano uniformare, nelle considerazioni e nelle scelte gestionali, da norme centralizzate.
Giustamente, è compito del ministero indicare le priorità, gli standard, le criticità, ma poi le realtà regionali hanno bisogno di altro. Parlo di quelle esigenze che chiedono di essere riconosciute e valorizzate. Cioè le scuole, regione per regione, hanno storie diverse, che chiedono un terreno comune, ovviamente, ma anche opportunità a seconda delle diversità che non vanno sminuite.
Non c’è percezione al Miur, ha insistito la Palumbo, del valore sussidiario delle scuole.Cioè non c’è percezione del lavoro di chi è in prima linea, che deve rispondere ogni giorno alle mille domande, aspirazioni, bisogni, criticità.
Non basta cioè più limitarsi a scrivere norme su norme, a getto continuo, pensando così di inseguire, più che governare, logiche uniformi in un mondo che uniforme non è.
In Veneto, sono sue parole, l’ottimo livello della sua scuola ha come esigenza prima quella di assicurare a tutti gli studenti, ad esempio, la certificazione linguistica, come anche una seria esperienza della alternanza scuola lavoro, la valorizzazione della istruzione tecnica e professionale, di concerto con i diversi ITS attivati. Perché la scuola, cioè, sia sempre più interfaccia del vivace contesto sociale ed economico.
In altre realtà le priorità sono le basse competenze di base, la dispersione scolastica, una edilizia che deve essere ripensata e ricostruita, col coinvolgimento degli enti locali, in un percorso di riqualificazione delle strutture e degli spazi. Ecco, dunque, la parola-chiave: sguardo sussidiario, e non più centralista-uniforme.
Ora, ha concluso la Palumbo, l’augurio è che, passata questa emergenza, che ha costretto tutti a ripensare ai fondamentali della formazione come cuore pulsante della vita di un Paese, si tratta di rimettere al centro il valore-scuola, partendo dalla responsabilità di coordinamento di un ministero e nel contempo riconoscendo le diversità come una ricchezza, ponendo al centro il vincolo etico della responsabilità personale e sociale.
Ripensare, dunque, la scuola come sistema di un Paese che non ha timore delle nuove sfide, oltre i canovacci del suo passato, quelli che ancora oggi appesantiscono e rendono non equo il suo servizio pubblico.
Perché, e questa è la sua saggia conclusione, la scuola diventi davvero il primo investimento di un Paese che coltiva un pensiero positivo per il suo presente-futuro.
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