I dati disponibili in questo momento fanno dubitare seriamente che il problema delle residenze universitaria possa essere risolto in tempi ragionevoli.
Ad oggi le previsioni contenute nel PNRR parlano di 60mila posti letto in più da mettere a disposizione degli studenti universitari fuori sede entro la fine del 2026.
Per raggiungere l’obiettivo ci sono a disposizione 960 milioni di euro.
Ma “secondo le stesse valutazioni degli operatori privati gli strumenti messi in campo potrebbero consentire una riduzione delle tariffe per posto letto nell’ordine del 10-15 per cento, una percentuale che, per la realtà di molti mercati immobiliari locali delle città universitarie (Milano in primo luogo), non è sufficiente a soddisfare la domanda proveniente dagli studenti delle graduatorie del diritto allo studio che dovrebbero essere, secondo le stesse indicazioni della riforma, i primi destinatari dei posti letto aggiuntivi”: lo sostiene in un articolo pubblicato sulla testata on line lavoce.info Alessandro Santoro, che è stato team leader del Ministero dell’Economia e delle Finanze per la Missione 4 durante la fase di definizione del Pnrr ed è attualmente prorettore al bilancio e delegato per il diritto allo studio per l’Università di Milano-Bicocca
I numeri sono allarmanti ma inequivocabili: gli studenti residenti in una provincia diversa da quella in cui ha sede l’università frequentata sono circa 600mila, e cioè un terzo del totale.
Il PNRR prevede un incremento della percentuale di cofinanziamento ministeriale dei posti letto realizzati nelle residenze universitarie: attraverso questa strada si sarebbe dovuto avere un aumento di circa 7.500 posti letto aggiuntivi entro il dicembre 2022, mentre con una riforma specifica della legislazione sugli alloggi si dovrebbero creare entro dicembre 2026 altri 52.500 posti letto.
In realtà entrambe le procedure stanno andando a rilento e i risultati concreti ancora non si vedono.
L’Unione europea si aspettava di avere qualche riscontro già a fine 2022, mentre il Governo era convinto che sarebbe bastato dare avvio all’iter burocratico.
Il fatto è che a Bruxelles fanno fatica a comprendere i motivi dei tempi spaventosamente lunghi delle nostre procedure.
Ma d’altra parte questo è un problema di vecchia data, basti pensare che, oggi, risultano ancora disponibili fondi per l’edilizia scolastica stanziati negli anni passati e tuttora non spesi.
“La riforma – spiega Santoro – prevede la destinazione di 660 milioni, a carico del Pnrr, a vantaggio dei soggetti privati che, anche in convenzione o in partenariato con le università, mettano a disposizione nuovi posti letto per residenze universitarie. Il finanziamento si sostanzia in un contributo a fondo perduto per la copertura dei costi di gestione del posto letto nei primi tre anni, a cui si aggiungono ulteriori agevolazioni fiscali. L’attribuzione dei fondi dovrebbe avvenire con procedure ad hoc che avrebbero dovuto essere definite entro gennaio 2023, ma di cui si attende ancora l’emanazione”.
“In sintesi – conclude il prorettore della Bicocca – a causa delle controversie nell’interpretazione degli obiettivi, della difficoltà a riformare e attuare le leggi esistenti e della scelta di puntare fortemente sul settore privato, che ragiona con logiche di mercato e non di capacità di risposta alle esigenze degli studenti appartenenti alle famiglie delle fasce più fragili dal punto di vista socio-economico, il Pnrr rischia di essere un’occasione persa rispetto alla tutela del diritto allo studio e, in ultima analisi, del rispetto dell’articolo 34 della Costituzione, secondo cui ‘i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi’”.
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